sabato 28 settembre 2013

Settembre: dolci aperture di paesaggio.

Trasfigurazione (particolare) - Museo nazionale di Capodimonte, Napoli
E' sempre ricco di fascino il mese di settembre: ci offre infatti cieli e panorami che, dopo la sfolgorante luce estiva, si ammantano di dorata morbidezza. 
E insieme al sole ancora tiepido, le prime brume del mattino - almeno qui in pianura - mostrano una campagna che sfuma all'orizzonte e presto si accenderà della calda intensità dell'autunno. 

Amo molto queste atmosfere e forse è il motivo per cui mi hanno sempre affascinato quei pittori del Rinascimento che hanno dato largo spazio alla raffigurazione del paesaggio, delineandolo in forme morbide e talora lievemente sfumate che ricordano un po' la natura delle stagioni intermedie.
Pala di Pesaro (particolare) - Musei civici, Pesaro
A partire dal Cinquecento infatti, dai più piccoli scorci ai panorami che fanno da sfondo a Madonne e Santi o ad altre figure, il paesaggio ha assunto un'importanza sempre maggiore fino a diventare soggetto autonomo di una rappresentazione, come ha esemplificato anche la mostra dello scorso anno a Milano dedicata a "Tiziano e la nascita del paesaggio moderno".


Madonna col Bambino - Galleria Borghese, Roma
Particolare
Tuttavia è su di un grande artista rinascimentale di alcuni decenni precedente a Tiziano che oggi desidero soffermarmi.
Si tratta di Giovanni Bellini (1433 - 1516), squisito pittore veneziano le cui opere mi sembrano mettere in luce con particolare chiarezza il passaggio graduale verso un modo di raffigurare la natura più ricco e più ampio rispetto al passato.

Madonna degli Alberetti - Galleria dell'Accademia, Venezia

Ricordiamo tutti le sue numerose rappresentazioni di Madonne col Bambino.
Se in un primo tempo ad inquadrarle era la cornice architettonica di un trono o dell'abside di una chiesa, poi era stata la natura a far capolino ai lati della Vergine, magari solo con un albero, un praticello o un lieve disegno di montagne sullo sfondo, mentre il trono era stato sostituito da un panno verde che conferiva alla composizione maggiore leggerezza.
Ma in seguito, Bellini ha progressivamente eliminato ogni diaframma tra le figure e il paesaggio retrostante, per mostrarci i vari personaggi immersi in vasti panorami di colline verdeggianti, castelli, cieli dalle prospettive profonde e variegati di nuvole, ora animati dalla fresca luce del mattino, ora dai caldi toni del tramonto.
Madonna col Bambino benedicente - Pinacoteca di Brera, Milano
Luoghi dove lo sguardo spazia liberamente scoprendo una natura amena e riposante, una campagna disseminata di pievi e paesetti affondati tra le colline o prospettive urbane ben costruite e ordinate.
Un contesto decisamente realistico e al tempo stesso uno spazio in cui le varie figure si fondono con l'ambiente circostante in un clima di dolcezza che non può non incantare anche noi spettatori di oggi.
Trasfigurazione - Museo nazionale di Capodimonte, Napoli
Osserviamo, per esempio, la morbidezza quasi vellutata del prato su cui poggiano i personaggi nella "Trasfigurazione" o le differenti tonalità di verde messe in luce dalla foto del particolare. 
Così pure, la libertà con cui le figure si dispongono nello spazio e l'attenzione ai volumi evidente dal disegno dei corpi e dei panneggi, ci dicono quanto l'artista abbia superato la lezione di alcuni suoi contemporanei - per esempio il Mantegna a cui tra l'altro lo univa un legame di parentela - per cogliere tutte le novità della sua epoca.
Sacra conversazione Giovanelli - Galleria dell'Accademia, Venezia
Ma è principalmente l'uso del colore e della luce a rivelare la matrice veneziana del Bellini che anticipa quella che sarà la pittura tonale da Giorgione in poi.
Bellissimo, a tale proposito, il particolare della "Sacra conversazione Giovanelli" riportato qui di seguito: uno scorcio paesaggistico di puro splendore per il raffinato accostamento di colori e il senso spaziale che, in pochi tratti, ci conduce lontano, dietro quelle collinette scure dallo stile quasi naif e verso quelle nuvole modernissime che forse sarebbero piaciute anche a Constable. 

Sacra conversazione Giovanelli (particolare)
E a commento di queste immagini, un brano di Franz Joseph Haydn (1732 - 1809) che, a mio avviso, si armonizza con la loro particolare dolcezza.
Si tratta dell'Adagio dal "Quartetto op.2 n.2" composto per archi nella tonalità di mi maggiore e qui riportato in una trascrizione per archi e chitarra solita che, francamente, trovo quasi più affascinante dell'originale. 
Mi pare infatti che lo strumento solista conferisca al pezzo un più profondo spessore esaltandone la soavità, sia nei passaggi più sereni che in quelli soffusi di malinconia.
E la melodia principale - un'aria che ricorre anche in altre opere di Haydn - con i suoi toni pacati sembra fondersi con lo splendore dei temi e dei personaggi che i dipinti raffigurano. Ci accompagna così in una dolcissima contemplazione ora delle luminose aperture di paesaggio, ora del silenzio sempre assorto di Maria.

Buon ascolto!
(mi scuso per la qualità poco nitida dell'audio)

sabato 21 settembre 2013

Le campane di Mosca

Ogni volta che apro questo blog e dalla mia bacheca privata entro nella pagina dedicata alle statistiche, posso vedere a mio agio da quali paesi del mondo è stato visualizzato, da quali siti, quali post in particolare sono stati aperti e quante volte. 
Sul piccolo planisfero presente, infatti, si colorano di verde più o meno intenso gli stati da cui un numero più o meno considerevole di persone è passato di qui, e nel riquadro della panoramica compare un grafico azzurrino che segue ora per ora - se non addirittura minuto per minuto - l'andamento delle visualizzazioni. 
E' un profilo di montagnette aguzze che registra qualche impennata se i visitatori in contemporanea sono tanti, o si appiattisce fino a scomparire quando online non c'è nessuno.
Così, scopro che ieri sono venute a trovarmi cinquantotto persone dagli Stati Uniti, sette dalla Cina, due dalla Svizzera, una dalla Polonia, oltre ad un certo numero dall'Italia, e oggi ho avuto altre visite dalla Federazione Russa, dall'India, l'Australia e i Paesi Bassi.

Chi ha un blog sa benissimo di che cosa sto parlando e quanto sia ricco di interesse un tale punto di osservazione.
Tuttavia, sto attenta a non farmi troppe illusioni perchè scoprire che il proprio sito è stato visualizzato non significa necessariamente che ne sia stato letto il contenuto, e non è affatto sicuro che chi è entrato in un blog si sia poi soffermato ad ascoltare le eventuali clip audio. Capita del resto anche a me, nelle mie frequenti navigazioni: in taluni siti indugio a lungo e piacevolmente, in altri invece dò uno sguardo e via.
Inoltre, negli ultimi tempi ho notato che alcune visualizzazioni - provenienti soprattutto dagli Stati Uniti e recentemente anche dalla Russia - sono finalizzate in realtà all'invio di messaggi pubblicitari non richiesti che, per fortuna, mi finiscono automaticamente nella spam. E pure questo è un dato che sgretola tante illusioni.

Però....
Però ormai un pochino mi conoscete e sapete che, quando scopro che qualcuno - magari dall'altro capo del mondo - ha aperto uno dei miei post, m'invade comunque una grande gioia perchè nutro sempre la speranza che, sia pure per brevi momenti....chissà!, sia stato raggiunto e rasserenato dalle note di Bach o di Rossini, di Haydn o di Mozart e via dicendo.
Così oggi, dopo aver visto un numero elevato di visitatori dalla Federazione Russa, proprio a loro voglio dedicare il brano che segue augurandomi che - tra le tante - ci sia davvero qualche persona desiderosa di incantarsi e di gioire aprendo il cuore alla musica.
E lo faccio con la composizione forse più eseguita tra tutte quelle di Sergej  Rachmaninov: il "Preludio in do diesis minore op.3 n.2" tratto dai "Cinque pezzi di fantasia per pianoforte op.3" dei quali tempo fa ho postato la meravigliosa "Elegia in mi bemolle minore op.3 n.1" che potete ritrovare qui.

Il preludio - soprannominato a buon diritto "Le campane di Mosca" - dopo i tre fortissimi accordi iniziali si snoda con una parte lenta ricca di profonda suggestione, seguita da un'altra più agitata e veloce in un potente e appassionato crescendo di sonorità. 
E' una musica che crea un clima in cui anche le pause ci parlano e la melodia ci raggiunge talora con il suo attardarsi e indugiare sulle note, talaltra con un ritmo più incalzante ricco di dirompente energia.
Adoro in particolare l'intensità dei vari pianissimo, così come la pacata solennità degli accordi finali - veri e propri rintocchi di campana - che, da fortissimi, si fanno progressivamente più lenti e sommessi, restituendoci il riverbero di ogni singolo suono in un'atmosfera che tocca l'anima.

Buon ascolto!

 

domenica 15 settembre 2013

Mani

Sappiamo tutti - e mi rendo conto che la considerazione rischia di essere banale - quanto le mani siano strumenti fondamentali della nostra vita quotidiana e delle nostre relazioni tanto che vi sono costantemente coinvolte, dai gesti più semplici a quelli più alti e significativi. 

Dal cibarsi allo scrivere, dalle dimostrazioni di affetto allo svolgimento di un numero imprecisato di lavori grandi e piccoli, sono da sempre protagoniste della nostra vita con la loro sveltezza, la loro abilità, la loro espressività o semplicemente il loro servizio. 

Ma è là dove l'attività dell'uomo si fa creativa che esse diventano, in modo particolare, umili e al tempo stesso meravigliosi strumenti dell'anima.
E' quando diamo una carezza o un abbraccio, ma anche quando un artista dipinge o scolpisce, progetta o scrive, plasma o intaglia, che le mani sono in diretta connessione col cuore per riprodurre sulla tela, sulla pietra e via dicendo, esattamente quella luminosità, quella sfumatura di colore, quella forma nata da una passione che fiorisce dentro.
Mai come nell'attività artistica, infatti, corpo e anima manifestano la loro particolare unità. Basti pensare alla danza, per esempio, o al teatro, dove non solo le mani, ma ogni fibra, ogni muscolo, ogni piccolo gesto diventa espressione di un contenuto.

Ma accade anche quando si fa musica.
Mi ha colpito spesso l'impegno che un concerto richiede a livello fisico: mani, piedi, braccia, occhi, fiato, tutto il corpo è coinvolto in un lavoro di concentrazione, coordinazione e sincronia. Ma protagoniste sono proprio le mani, prima di tutto sugli strumenti a tastiera e poi su quelli a corda, dal violino all'arpa. Tuttavia fondamentale il loro ruolo in ogni sezione di un'orchestra, dalle percussioni fino ai legni e agli ottoni dove il loro lavoro è coordinato anche col fiato.

E sono sempre affascinanti le mani dei musicisti: talora affusolate ed eleganti o snodate ed elastiche, talaltra piccole e magari un po' tozze, ma ugualmente capaci di suonare in modo strepitoso compiendo a volte vere e proprie acrobazie.
Dita che sui tasti o sulle corde prendono e danno vita con tocco stupefacente, delicate o sferzanti, capaci di esprimere energia o infinita dolcezza. Dita che, al di là della perizia tecnica, sono prima di tutto canali dell'anima attraverso cui le note possono fluire con quella pienezza con cui sono state create.  

Penso - ma gli esempi si potrebbero moltiplicare! - alle mani di Anne Sophie Mutter, agili e precise al millimetro nel trarre dal suo violino ogni minima sfumatura di una melodia. O a quelle di Glenn Gould che sembrano segnare anche il ritmo del brano: la destra suona e talora la sinistra per così dire commenta col gesto lo splendore della melodia o anche della singola nota, seguendo un filo interiore che le guida, simili a vere e proprie estensioni del cuore. 
Ma mi attirano anche mani scattanti e imperiose, pacate e carezzevoli quali possono essere quelle di un direttore d'orchestra, che sempre sanno parlare il linguaggio dell'anima in unità inscindibile con essa.

Così, proprio per osservare da vicino lo splendore delle mani, oggi propongo una registrazione live dell'ultimo movimento, "Rondò - allegro", del "Concerto in Do maggiore K.299 per flauto, arpa e orchestra" di Mozart, luminosa composizione della quale ho già pubblicato in passato lAllegro iniziale e l' Andantino .

Qui, la clip video ci permette di cogliere la meraviglia di uno stile fatto di abilità ma prima di tutto di passione, a cominciare dai due protagonisti del brano, arpa e flauto. Incantevole il concitato dialogo tra i due strumenti, dal tocco pacato del solista di flauto a quello elegantissimo e sicuro delle mani dell'arpista in un'interpretazione di grande classe.
Ma bello osservare anche la mestrìa delle dita sui tasti degli strumenti a fiato insieme al ritmo dei pizzicati sui violini.
Mani che riescono ad esprimere ogni sfumatura di intonazione e di timbro, ogni morbidezza o scintillìo della melodia tanto intensamente sono sintonizzate col cuore.
E tra i vari strumenti è quasi una gara di bravura perchè a vincere sia sempre e solo la Musica!!!

Buona visione - che consiglio a schermo intero - e buon ascolto!

domenica 8 settembre 2013

Sotto "quel cielo di Lombardia...."

La dolcezza di Milano in una giornata di settembre dal clima arioso e ancora quasi estivo, non troppa gente in giro nonostante la mattina feriale e "quel cielo di Lombardia così bello, quando è bello..." già denso di promesse.

Come lo scorso anno di questi giorni, è sempre con la giovanissima amica dallo sguardo attento che si va alla scoperta di tesori nella grande città. Io la scorto per la metropoli che già un pochino conosce e lei mi aiuta a recuperare freschezza nel guardarmi intorno.
Se allora era stata la volta di S.Ambrogio, S.Maurizio al Monastero Maggiore, la Pinacoteca di Brera, insieme a un occhio da Ricordi e alla Bottega Discantica (eh....la musica!!!), quest'anno andiamo a S.Maria delle Grazie, all'Ambrosiana, al Poldi Pezzoli ed altro. 
Non tutto di tutto ovviamente, ma incursioni mirate, per esempio al Castello Sforzesco per la michelangiolesca Pietà Rondanini.

Lei mi ricambia d'inverno nientemeno che con Venezia, della quale mi aiuta a scoprire gli angoli più riposti e tranquilli, il barocco di alcune chiese che sfuggono ai tradizionali itinerari o certi quartieri suggestivi che, di norma, conosce solo chi ha lunga consuetudine con la città.
E spesso i luoghi sono anche arricchiti dal nostro vissuto, da un ricordo, da una particolare esperienza che ce li rende vivi consentendoci di condividerne un sapore segreto e per noi unico.

Se qualche volta in gioventù ho sognato di fare la guida turistica, non avrei potuto desiderare di meglio che questa compagna di viaggio dallo sguardo capace di stupore e di una sintonia che supera differenze di età e di storia. 

Fresca la sua gioia nel ritrovare al Museo Poldi Pezzoli proprio le immagini della sua Venezia attraverso i dipinti dei vedutisti del Settecento!  
Restiamo affascinate in particolare da "Gondole sulla laguna" di Francesco Guardi, per me capolavoro assoluto, quasi un monocromo che con pochi tratti ci restituisce uno spazio paesaggistico di profondissima suggestione.
Allo stesso modo, ci lasciamo incantare dalla linea nitida del profilo e dalla raffinatezza della "Dama" ritratta dal Pollaiolo o ci perdiamo nell'osservare i panorami sullo sfondo di vari dipinti con Santi e Madonne. 
Talora infatti non sono solo i pittori più famosi ad attirare la nostra attenzione, ma un particolare, il dettaglio di un artista magari meno celebrato di altri che ci colpisce per il colore, la luce, il realismo della rappresentazione o la morbidezza del paesaggio.

E uno dei dettagli più affascinanti del Poldi Pezzoli è anche la scala d'ingresso, con l'elegantissima fontanella barocca che col suo lieve chioccolìo - e i pesci rossi! - c'introduce al silenzio assorto delle sale.
Ma anche fuori dai musei, uno sguardo ai cortili e ai giardini interni dei vari palazzi ci fa scoprire prospettive affascinanti, una Milano signorile e discreta, oasi di quiete nella frescura del verde a pochi passi dal tumulto metropolitano.  

E quando, poco più tardi, ci saluteremo sul binario della Stazione centrale dove una Freccia bianca è in procinto di partire, avremo nel cuore la gioia di aver condiviso lo splendore eterno delle cose viste, ma anche tanta semplicità e quella quotidianità spicciola nella quale pure abita la bellezza. 

Allora, alla serena giornata trascorsa voglio dedicare un brano di Bach che mi pare rispecchi bene il passo, il dialogo e la sintonia che abbiamo vissuto. 
Si tratta del terzo movimento, "Vivace", dalla "Sonata III per organo in re minore BWV 527", brano incantevole per l'attitudine gioiosa che lo contraddistingue e soprattutto per il dialogo tra le varie voci che si alternano e si susseguono eleganti e scorrevoli.
Il ritmo, la struttura fugata e i passaggi dove si avvicendano tonalità maggiori e minori sembrano infatti un cammino o le battute di un discorso che si dipana con continuità varia e vivace, ora più intensa e riflessiva, ora più luminosa e danzante.

Buon ascolto!

lunedì 2 settembre 2013

In viaggio con Rachmaninov

Inizio il mese di settembre con un caloroso GRAZIE all'amica blogger di Mondod'Arte di S.Pia - sito ricco di senso artistico e grande originalità che vi invito a visitare - che ha assegnato a questo mio piccolo spazio il premio di "blog affidabile".
Francamente, non so se lo merito fino in fondo; lo accetto però con gioia e soprattutto come incoraggiamento a continuare con passione su questa strada!

Mi perdonerete tuttavia se, nella necessità di nominare a mia volta altri cinque "blog affidabili", contrariamente a ciò che ho fatto in passato in occasioni analoghe, "passo" e non seguo la procedura. 
Sono infatti veramente tanti i blog che ho conosciuto finora nella mia navigazione, siti degni di nota per ricchezza e splendore delle immagini, della musica, per il fascino della scrittura o ancora per la schiettezza che vi si respira e confesso che....avrei davvero l'imbarazzo della scelta!
Allora a tutti voi che passate di qui - ma oggi in particolare ai tanti blogger amici! - dedico un brano che non solo rappresenta l'eccellenza della musica, ma che proprio pochi giorni fa mi è capitato di risentire all'improvviso e mi è rimasto dentro. E si sa, quando le note arrivano inaspettate magari mentre siamo intenti ad altro, forse perchè ci colgono di sorpresa, hanno la capacità di raggiungerci con straordinaria intensità.

Succede al ritorno da una serata in pizzeria, in una valle non lontana dal mio paesetto di vacanza. Una serata a dire il vero molto breve se, quando usciamo apprestandoci a rientrare a casa, la montagna comincia a costellarsi di luci mentre l'orizzonte rimanda ancora gli ultimi bagliori del tramonto. 
Qualche attimo d'incertezza: facciamo un giro? Poi l'aria decisamente fresca ci persuade a salire in macchina. Con gesti automatici mio marito mette in moto e preme il pulsante sintonizzato su Radio Tre: parte una musica. 

Note profonde, profondissime riempiono d'improvviso l'abitacolo e, mentre progressivamente ci avvolgono, non fatico a riconoscere Rachmaninov, esattamente il primo movimento - "Allegro ma non tanto" - del "Concerto in re minore per pianoforte e orchestra n.3 op.30".......E' il famosissimo Rach 3 ed è appena iniziato!!!
Sorpresi e ammutoliti, coi cuori protesi in ascolto, ci lasciamo accompagnare nel nostro ritorno a casa da queste note che riempiono il silenzio e il buio circostante raccontandoci la vita e conducendoci attraverso "interminati spazi" del cuore.
Protagonista assoluto, il pianoforte affonda e riemerge dal contesto orchestrale ora fondendosi con gli altri strumenti in sfumature di delicatezza indicibile, ora sovrastandoli come fiume in piena o magma che ribolle.
E mentre andiamo per vallate e pendii, attraversando ponti o costeggiando forre, la musica con noi s'inabissa nell'anima, scava voragini di sgomento e ne riaffiora ancor più struggente. Sembra seguire un filo che s'inanella, si perde e si ritrova: si apre in esplosioni di sonorità che sgorgano tempestose dal pianoforte e s'illumina con spiragli di malinconica dolcezza per poi ritornare all'inconfondibile tema iniziale: re fa mi re do# re mi re.......

Penso a quanto è infinita la ricchezza di un cuore se può aver dato alla luce una creazione di tale straordinaria inventiva, e al tempo stesso mi scorrono dentro le immagini del film Shine che celebra il Rach 3 come una delle vette più impervie con cui un pianista possa misurarsi.
E' una melodia che raggiunge nel profondo, come accade del resto per tante composizioni. E ancor più mirabilmente ci parla ora intrecciandosi al nostro cammino, immergendosi con noi in questo viaggio tra le ombre scure della montagna e facendosi nostra. 
Lo colgo con chiarezza mentre la strada riprende a salire e i paesetti illuminati giù nella vallata sono presepi lontani nella sera ormai buia. Lo avverto nel silenzio che non osiamo violare e che la musica riempie, ora sovrastandoci impetuosa e martellante, ora reiterando la sua malinconia, ma sempre toccandoci dentro. 
Ed è lei a guidarci attraverso un itinerario che assume progressivamente la fisionomia delle sue note, dove paesaggio esterno e mondo interiore si fondono come per magia e il buio che ci viene incontro diventa infinito mistero da scandagliare. 

Arriveremo a casa esattamente all'ultima battuta del concerto e, accendendo la luce, faticherò a staccarmi dalle note per rientrare nei gesti quotidiani, come accade a chi riemerge da un intenso viaggio dell'anima.

Buon ascolto!