lunedì 30 novembre 2015

Orti francescani

Ho appena finito l'ultimo libro di Giovanni Allevi.
Un libro, sì - il quarto per la precisione - uscito giorni fa per le edizioni Rai Eri e intitolato "Vi porterò con me".
E' un'autobiografia in cui, iniziando dalla prima infanzia e arrivando ad oggi, il quarantaseienne compositore ascolano ripercorre esperienze e tratti salienti della propria storia nel suo rapporto con la musica.
   
Si dipana così un racconto nel quale, inframmezzati a numerose splendide foto, troviamo scritti che delineano un'intensa vicenda artistica e umana, perseverante e appassionata. Insieme a immagini talora sorprendenti - tra le quali un Allevi giovanissimo alle prese non solo col pianoforte, ma anche col sassofono e il flauto! - vi sono infatti testi cui dedicare una lettura attenta, meditandone i contenuti. 
E uso il plurale perchè questi giocano su piani diversi, messi in luce anche da una differente impostazione grafica. Alcuni simili a brevi post-it, altri più ampi come pagine di diario, fino alla vera narrazione in capitoli in cui Allevi, attraverso riflessioni esistenziali e spunti filosofici, delinea il proprio itinerario di musicista. Ripercorre così esperienze, ricorda concerti e incontri che hanno lasciato un segno più incisivo nel suo cammino, momenti di gioia ma talora anche di sofferenza, insieme a particolari che chi lo segue con assiduità in parte già conosce.
   
Ma non si tratta di una ripetizione. Lo sguardo con cui il compositore rivisita il passato e osserva il presente supera infatti il puro dato di cronaca per innalzarsi al livello di chi della propria esperienza fa una lettura appassionata, cogliendo - nella trama di ombre e luci che la caratterizza - quel filo conduttore che tutto trasforma in vita.  
In sostanza, una lettura d'amore tesa a condividere tormento ed ebbrezza di un'esistenza segnata dalla musica, nella convinzione che - come si legge in quarta di copertina - "l'arte è una via di accesso alla nostra felicità".

Che cosa vi ho apprezzato maggiormente?
Svariati e toccanti episodi: dalle emozioni relative alla genesi e alla prima del suo Concerto per violino, allo stupore di fronte alla percezione del sacro all'interno del Duomo di Orvieto, fino alle esperienze vissute dal compositore a contatto con il mondo e la cultura giapponese.
Ma confesso che a prendermi subito, con straordinaria immediatezza, è stato un breve post-it dove, facendo riferimento alla spiritualità francescana, il musicista ricorda c che San Francesco raccomandava ai suoi confratelli quando coltivavano un orto. Li esortava infatti a lasciarne una parte incolta perchè i fiori potessero crescervi liberamente
Mi regala una grande freschezza insieme a un senso di profonda libertà questo riferimento francescano, questo "lasciare che le cose accadano....senza la presunzione di poter controllare tutto" per usare le parole dello stesso Allevi. 
Vi leggo infatti una dimensione di apertura alla vita senza condizioni, ma nella fiducia che tutto - anche ciò che può magari sconcertare - si risolva poi in positivo, in quella gioiosa sorpresa che, in fondo, ciascuno di noi attende nel segreto dell'anima.
E mi sembra bello che sia la musica a condurre il compositore per questi sentieri esistenziali, e noi con lui, portati dalla sua passione proprio come intende il titolo del libro

Vi lascio allora allo splendore di "Lovers", pezzo tratto dal suo più recente cd per pianoforte solo - "Love" - uscito all'inizio di quest'anno
Una delicatezza pacata, quasi carezzevole, una sonorità limpida, misuratissima nel tocco di ogni singola nota, e poi un'onda d'intensità progressivamente più impetuosa s'intrecciano in questo brano in cui Allevi ha voluto disegnare i tratti di un amore passionale. 
E mi piace pubblicarlo qui, immaginando che i due lovers siano proprio il compositore e lei: la Musica.

Buon ascolto!
  

domenica 22 novembre 2015

Gioia di vivere

E' una Santa Cecilia martire quella di oggi, qui nella bella statua di Stefano Maderno posta nella basilica a lei dedicata in Trastevere a Roma, proprio sul luogo del ritrovamento del sarcofago contenente il suo corpo.
Non è raffigurata mentre suona uno strumento musicale attorniata dagli angeli, o in estasi con lo sguardo rivolto al cielo come in tante rappresentazioni pittoriche. Qui è a terra riversa, il collo segnato da un taglio che, visto dal vivo, mette un brivido e contrasta con la raffinatezza del panneggio e il dolce, composto movimento della figura. Un'opera che il Maderno ha realizzato proprio alle soglie del Seicento, nella fase di passaggio dalla classicità rinascimentale alle dinamiche barocche.

Ricordare Santa Cecilia - patrona della Musica e di quanti ad essa si dedicano - è sempre significativo, ma in particolare oggi come simbolo di quella cultura che, attraverso le arti, celebra lo splendore dell'esistenza e c'invita a scoprire segni di bellezza ai quali conformare la nostra quotidianità.
In questa ricorrenza, desidero allora tornare a Mozart e affidarmi al suo sguardo con un brano animato da una fresca gioia di vivere, proprio quella gioia così crudelmente ferita nei giorni scorsi, ma che l'incanto delle sue note fa rifiorire dal profondo. Ci regala infatti una leggerezza pensosa che entra nell'anima e la riempie, insieme a una trasparenza che viene dall'Alto a ricordarci chi siamo, da quale scintilla d'Amore fiorisce la vita.

Il brano di oggi è una delle creazioni mozartiane più straordinarie: il primo movimento - "Allegro" - dal "Concerto per violino e orchestra n.4 in Re maggiore K.218", scritto dal compositore a diciannove anni, con quella freschezza di emozioni che solo la giovinezza sa donare.
Il pezzo si caratterizza per la bellezza delle idee melodiche, la scorrevolezza con cui i vari temi si susseguono e l'uso brillante delle possibilità tecniche ed espressive del violino. 
Adoro questo concerto da quando ero adolescente e il nostro insegnante di Italiano del liceo (mitico per genialità, autorevolezza e passione per la musica!) lo suonava per noi - rigorosamente dopo l'orario di lezione! - portando il suo violino e i long playng con le basi orchestrali da mettere sul vecchio giradischi della scuola
Noi allievi - pochi e già innamorati di tutto - ci fermavamo ad ascoltarlo in religioso silenzio, attenti a che gli scranni di legno dell' Aula magna non avessero a dare il minimo scricchiolìo, mentre l'incanto di quella musica si spandeva nell'aria segnandoci l'anima a lettere di fuoco.
Avevamo sedici anni e le note ci entravano in cuore con le emozioni e i palpiti dell'adolescenza, fondendosi ai primi innamoramenti che non si dimenticano.  
Da qui nasce il mio legame con Mozart e, proprio oggi, mi piace esprimere profonda gratitudine a chi - insieme alla letteratura, alle arti figurative e a tutto ciò che rende bella la vita - mi ha regalato anche lo splendore della sua musica. 

Buon ascolto!

 

sabato 14 novembre 2015

Oggi la musica è solo preghiera...



   
Robert Delaunay: "Tour Eiffel" - New York, Guggenheim Museum.

Johann Sebastian Bach : "Crucifixus" dalla "Messa in si minore BWV 232".

giovedì 12 novembre 2015

Beatitudini

Il post di oggi è merito della mia amica Costanza che, con l'immagine che vedete a lato, me ne ha fornito l'ispirazione. 
E' stata lei infatti che, sempre attenta a cogliere la freschezza delle cose, me l'ha inviata nei giorni scorsi e la foto mi ha colpito subito per la semplicità con cui illustra una realtà splendida.

Avevo già in programma un post, diciamo così, stagionale - il tempo mite, i colori autunnali, l'estate di San Martino - ma davanti a questa breve striscia da fumetto sono rimasta incantata e ho voluto subito condividerla con voi.
Mi piace la sua immediatezza comunicativa, tipica del parlare per immagini: mi piace che esprima lo splendore di una dimensione spirituale - la gioia che nasce dalla musica - con l'evidenza di gesti concreti, semplici e antichi.  
Arare la terra, erpicare, seminare e veder fiorire tanti germogli alla luce del sole sono, infatti, gesti che rivelano quanto la musica sia necessaria come il cibo, essenziale come il pane che mangiamo.

E significative le parole che accompagnano le immagini:
"Beati coloro che coltivano la musica e fanno cantare la gente!": una sorta di beatitudine quotidiana che proietta un'onda di luce su quanti - piccoli o grandi che siano, musicisti, cantanti, ascoltatori - s'impegnano dedicando al mondo delle note tutta o una parte della propria vita.
Centratissimo poi il verbo coltivare. Ho insegnato per anni in un Istituto agrario, accanto a colleghi e allievi che proprio della coltivazione della terra hanno fatto una ragione di vita e ne conoscono valori e tecniche in ogni aspetto. Mi è familiare quindi questo verbo che nella sua accezione latina - "colere" - ci riporta certo ai campi, ma anche alla cultura. 
Allora i riquadri della foto mi ricordano quanto sia importante coltivare la musica avendone cura nella scintilla della composizione, nella pazienza dello studio, nella gioia dell'esecuzione o della direzione, del canto o dell'ascolto, perchè attraverso di essa possano fiorire anche i terreni dello spirito.

Ma la beatitudine riguarda poi in particolare chi fa cantare gli altri, insegnando loro la meraviglia del mettersi in gioco con la voce, il respiro, la mente, il cuore e l'attenzione a chi ci sta accanto.  
Consentire alle persone di immergersi nella musica significa infatti seminare gioia, compito di valore altissimo tanto che si attribuisce una felicità sconfinata - "beati" - a quanti fanno cantare la gente. E penso a coloro che con pazienza e impegno dirigono un gruppo vocale, dalle più raffinate corali polifoniche ai coretti talora improvvisati, ma non per questo meno ricchi di passione.

Allora, in linea con l'argomento, oggi ho scelto un brano in cui tutti ci possiamo ritrovare per i suoi accenti toccanti e il suo testo ricco di semplicità e poesia. 
Si tratta di una composizione di Bepi de Marzi  intitolata "E canterà", un pezzo che ci racconta quanto la musica sappia accompagnarci anche al di là della morte e sia parte dell'infinito. 
Nelle voci del coro - all'inizio sommesse e poi più vigorose - così come nell'andamento ripetitivo del brano, ritroviamo il senso gioioso di un cantare e suonare che si dispiegano liberi, ormai senza limiti di tempo.
E' infatti un meraviglioso, sognante universo quello immaginato dall'autore, dove chi in vita si è dedicato alla musica potrà continuare a farlo in Dio e il suo canto risuonerà più alto delle stelle.

Buon ascolto!

mercoledì 4 novembre 2015

Anacronismi del cuore

Beato Angelico: "Annunciazione", Museo diocesano - Cortona
Quando un brano di musica bussa con insistenza alla porta del nostro cuore occupando la mente, i pensieri e dilagando nell'anima come una sorgente di acqua fresca....allora non c'è rimedio, vuol dire che va pubblicato subito.

Un impulso profondo lo richiede, un movimento interiore lo esige e non basta opporvisi, adducendo quelle ragioni che talora nascono spontanee per poter collocare il pezzo in maniera più opportuna: adesso non è il momento, il periodo, la stagione, la ricorrenza giusta, meglio aspettare la circostanza più adatta e via dicendo
Non serve: se è la musica a imporsi e quasi a dettar legge nel profondo, è giusto che - a un certo punto - siano i tempi del cuore a prevalere su altre motivazioni per quanto logiche possano apparire.

I tempi del cuore: è in nome di questi che tutto allora inizia a funzionare a meraviglia, come una ruota che abbia ritrovato il suo perno, il suo centro.  
I pensieri si snodano, le parole fluiscono sciolte e qualcosa dentro si apre al sorriso perchè stiamo seguendo un impulso vero, quel filo rosso che un tempo ci ha catturato, quell'entusiasmo da non lasciar decantare troppo a lungo, ma da condividere perchè la gioia sia piena.
Sempre, infatti, la scelta della musica parte da un entusiasmo che non esiterei a definire innamoramento: un brano deve toccarci dentro, suscitare uno scatto, un'adesione profonda, un'onda di affinità misteriosa ma capace - qui sta il bello! - di rivelare noi a noi stessi proprio come l'amore
E sempre tale amore va condiviso.

Così, sulla scorta di queste brevi considerazioni, oggi vi propongo il brano che  da un po' di giorni mi ha preso e - per così dire - bussa con insistenza alla porta del mio blog.
Si tratta del mottetto "Dixit Maria", una delle creazioni più conosciute del compositore ed organista tedesco Hans Leo Hassler (1564 - 1612). 
Il testo - Dixit Maria ad Angelum: "Ecce ancilla Domini, fiat mihi secundum verbum tuum" - mette in musica quelle mirabili parole della Vergine Maria all'Angelo Gabriele che hanno cambiato il corso della storia, e il brano è stato scritto specificamente per il giorno dell'Annunciazione che, come tutti sappiamo, cade il 25 marzo. 
Ascoltandolo però, ho capito subito che aspettare a pubblicarlo fino a quella data sarebbe stata dura. Mi stavo tuttavia rassegnando quando, guardando il calendario, mi sono accorta che il prossimo anno il 25 marzo coinciderà col Venerdì Santo, il che - anche musicalmente - ci introduce in un clima totalmente diverso. Allora, con buona pace della liturgia, non ho avuto più dubbi e ho deciso di pubblicarlo subito, nella splendida interpretazione dei "Cambridge Singers"!
Qui, le quattro voci che si alternano e si sovrappongono intrecciandosi in una struttura a canone, ci regalano una melodia animata e fresca, che ha la trasparenza della luce del mattino. Salgono e scendono nella scala cromatica note ora più intense e luminose, ora più soffuse e pacate, quasi a riprodurre sorpresa, semplicità, umiltà e fiducia di Maria. Ma - soprattutto nel finale - si arricchiscono della forza insita nel suo "fiat mihi secundum verbum tuum" insieme alla leggerezza gioiosa di chi si affida.

Lo so, un pezzo scritto per la festa dell'Annunciazione in realtà introduce al Natale e, anche senza aspettare il 25 marzo, tra qualche settimana all'inizio dell'Avvento sarebbe comunque perfetto.  
Ma mi perdonerete se il cuore - come a volte capita - non aspetta le date canoniche e ha degli anacronismi tutti suoi.

Buon ascolto!