domenica 29 aprile 2012

Aprile: se la campagna è ariosa.

Un cielo variegato di nuvole, sprazzi di sereno e il verde che inonda lo sguardo fino a pervadere il cuore: ecco la mia campagna di questi giorni.
Una passeggiata in mezzo ai prati o lungo l'argine di un fiume diventa così il modo per rigenerare lo spirito e ritrovare respiro.

Aprile sta finalmente lasciando spazio alla sua immagine più leggiadra: il viale sotto casa brilla di un colore luminoso - una tenera gradazione di verde che durerà solo pochi giorni - e il ginkgo biloba del giardinetto condominiale si è già arricchito di una coltre di foglie che ricoprono di morbidezza le ferite dell'ultima potatura.
Non sono i contrasti forti della primavera inoltrata, ma tinte ancora chiare e smorzate. Tuttavia è la luminosità del cielo a regalare freschezza al paesaggio: un insieme di verde e azzurro dai toni riposanti.

Sono questi i caratteri che ritroviamo anche nel dipinto "Pioppi in riva all'Epte" di Claude Monet (1840 - 1926), conservato alla National Gallery of Scotland di Edimburgo.
Si tratta di una rappresentazione ariosa che dà sollievo allo sguardo
e respiro all'anima. Si vorrebbe essere là, in mezzo a quei pioppi in filare che curvano digradando in prospettiva; o più ancora specchiarsi nel fiume dai riflessi di cielo con quel tremolìo d'acqua da un lato e di foglie dall'altro, attraversate da un refolo d'aria e colte nell'esattezza dell' impressione retinica di un istante.
E' tipico degli Impressionisti, infatti, fissare la percezione precisa di un momento nello scorrere del tempo e della luce, e Monet in particolare ritrae più volte la medesima immagine nelle diverse ore del giorno in una dialettica di essere e divenire, in una costante ricerca di splendore eterno nel cuore del tempo che passa.

Tutti ricordiamo, a questo proposito, la serie delle "Cattedrali" ma non solo: il pittore ha rappresentato ripetutamente anche ponti, covoni, ninfee, acqua e pioppi. Il dipinto qui riportato è infatti parte di un gruppo di altri ventitre che l'artista ha dedicato a questi alberi raffigurandoli nelle diverse ore e stagioni.
Una pittura nata "en plein air" e completata poi in studio dove, all'esattezza retinica, si sovrappone la percezione dell'autore filtrata dal velo suggestivo del ricordo. Operazione ancor più difficile e tuttavia affascinante se l'oggetto rappresentato non è fermo, ma ha la mobiità di un corso d'acqua.

Anche se la riproduzione è ambientata in pieno giorno, osservandola tornano in mente i versi del Pascoli ne "La mia sera": "Le tremule foglie dei pioppi / trascorre una gioia leggera", dove l'allitterazione sembra riprodurre il lieve fremito del vento tra i rami così come - nel quadro - i tratti di pennello, rapidi e sintetici, creano riflessi e movimento fermando sulla tela proprio la vibrazione di un attimo.
Attraverso tocchi di colore dalle molteplici sfumature di verde insieme a una gamma di tinte fredde, Monet
ci restituisce così il fascino della vegetazione nello specchio del fiume insieme a quelle nuvole vaganti tipiche del clima del nord della Francia.
Un'immagine divisa tra cieli ed acque
, con la suggestione destata dalle due ampie curve dei pioppi - quella vera e quella riflessa - e dagli effetti creati ora dalla commistione di bianco e beige per dare consistenza e insieme leggerezza alle nuvole, ora da lievi tocchi di viola a tratteggiare ombre nel fogliame.

Mi sembra interessante, allora, associare a questo dipinto la luminosa serenità di un famosissimo brano di Ludwig van Beethoven (1770 - 1827).
Dalla
Sinfonia n.6 in Fa maggiore op.68 "Pastorale" - uno dei capolavori assoluti del compositore tedesco - il secondo tempo, Andante molto mosso, ci immerge nella pace della campagna vicino a un ruscello e nella quiete di una melodia distesa.
Tuttavia - nonostante ogni movimento dell'opera riporti sottotitoli precisi sul suo contenuto - l'autore
supera il livello puramente descrittivo per effondere i propri sentimenti; così, anche quando riproduce suoni o fremiti della natura, li inquadra sempre in un'attitudine contemplativa in cui il paesaggio diviene espressione della sua interiorità.

Buon ascolto!

martedì 24 aprile 2012

Dopo Pasqua

Oggi, a chi passa di qui, voglio regalare le parole di una poetessa inglese, Elisabeth Jennings (1926 - 2001), autrice di scritti ricchi di grande spessore e gioiosi accenti di vita.
Il suo sguardo infatti, pervaso da una limpida fede religiosa, scava nel profondo alla ricerca di quella Bellezza originaria che permea tutto il creato e può essere definita "La danza nel cuore delle cose", come suggerisce il titolo di una selezione di testi pubblicata qualche anno fa dall'Editrice Ancora.

E' una danza - in particolare nei versi riportati qui di seguito - che vede nella Resurrezione di Cristo il perno che muove e riscatta ogni vicenda umana e intride, per così dire, tutta la creazione. Dalla gioia alla sofferenza, dal più semplice moto interiore alla splendida grandiosità del creato, gli occhi della poetessa spaziano infatti verso orizzonti sempre più ampi dei quali il singolo è parte, continuamente preso e condotto per mano verso la salvezza.
Un testo che ci fa levare in alto lo sguardo e al tempo stesso rientrare nel profondo di noi stessi alla ricerca di quel movimento - la danza appunto - senso e segreto di ogni cosa, che tutto prende e coinvolge nel suo ritmo, un po' come "La creazione" di Chagall riportata nel riquadro.

Danza

"C'è sempre danza al cuore delle cose,
danze di morte, danze di angeli,
e sempre una resurrezione danza là dove c'è Cristo,
e così sempre una danza riparte a salvarci,
prende le nostre mani e dice a noi
la gioia di resistere, i passi del patire.
La danza più profonda è la preghiera,
solenne e familiare, alta, serena e dolce.
C'è danza quando l'amore ci ferisce,
danza la creazione, movimento costante.
Nei cieli, tutti loro, danzano gli astri,
danza pure la luna, sempre avvicendata
col sole che tramonta, e poi si alza."

(Traduzione liberamente rielaborata dall'originale)

A commento di questi versi, la "Serenata per archi in Fa maggiore op.3 n.5" tradizionalmente attribuita a Franz Joseph Haydn, ma composta dal contemporaneo di Haydn Roman Hoffstetter ad imitazione dello stile del compositore austriaco.
Si tratta di un famoso e luminosissimo brano, incantevole nel ritmo scandito dai pizzicati e nella gioia sorgiva del suo tempo Andante cantabile: un invito a ritrovare il sorriso e la sintonia profonda con la danza del creato.

Buon ascolto!

mercoledì 18 aprile 2012

Vicoli

Di questi giorni, ci sono mattine in cui, dopo il tripudio di sole quasi estivo del marzo scorso, sembra di essere ritornati in inverno: cielo plumbeo, pioggia talora insistente e aria decisamente fredda, con la differenza che intorno non abbiamo nebbia e rami spogli, ma il verde già morbido della campagna primaverile.

A volte, se mi capita di uscire presto e le vie sono quasi deserte, mi sembra che tutto sia per così dire in attesa.
E' il silenzio delle ore del mattino ad affascinarmi anche nel grigiore, come se le cose, colte in quella dimensione, potessero rivelare la loro segreta bellezza, la loro vera natura.
Sono i dettagli a prendermi: rami di un albero che sopravanzano un muro di cinta, cespi di fiori in un cortiletto, la cornice di una finestra o piccoli vicoli del centro storico.

Ce n'era uno fino a non molto tempo fa che, visto da una particolare distanza, pareva
"Via Toscanella" di Ottone Rosai (1895 - 1957): vecchie case, cornicioni spioventi e una leggera curva verso la fine. Questione di pochissimi metri, poi l'effetto spariva.
Oggi, alcuni edifici sono stati ristrutturati e la curva, cuore segreto di quell'illusione, si è persa. Ma è ugualmente bello ripercorre certe strade seguendo l'itinerario di un sogno interiore in una solitudine quasi intatta.
E' così - a ben guardare - anche nel dipinto di Rosai, dove la presenza di quelle figure ferme a parlare sotto casa sottolinea maggiormente il vuoto circostante
, il silenzio sospeso, la fuga delle finestre e dei portoni in prospettiva, il saliscendi dei cornicioni aggettanti.

In quel silenzio, si dipanano più dolcemente i pensieri, come sotto una coperta protettiva che tempera la nota di malinconia data dalla solitudine restituendoci respiro e una percezione più serena di ciò che abbiamo intorno.

E' scoprire da un'altra angolatura le cose che vediamo di consueto, assaporando tutta la pacificante semplicità che da esse nasce, come semplice è la pittura di Rosai dove figure umane ed edifici hanno la pura essenzialità di volumi: un mondo che ci rimanda a Giotto e a Masaccio per tornare indietro nel tempo, o a Carrà per risalire ad artisti più vicini a noi.
Paesaggi di solitudine, ma pure di un'immobilità rasserenante, come "Vicolo" o "Case nel sole": muretti oltre i quali intuiamo la presenza della campagna, angoli dove si vorrebbe abitare e quelle stradicciole che finiscono sempre in una svolta a sottintendere un prosieguo che non vediamo, ma che non intacca la serenità della composizione e del nostro sguardo.

Al di là di quanto affermano talora i critici, non vi leggo infatti nè ansia, nè alcun pessimismo, ma solo la calma di una contemplazione o di un'attesa dove ogni cosa è ferma, fissata nella bellezza delle sue forme e dei suoi colori tenui lievemente sfumati. Immagini che fondono paesaggio e interiorità, angoli d'infanzia ritrovata che ci aiutano a ripercorrere un sogno.

Mi pare quindi si possa adattare all'atmosfera di questi dipinti il tono intensamente meditativo del brano musicale che propongo oggi.
Si tratta dello splendido "Intermezzo in La maggiore op.118 n.2" di Johannes Brahms (1833 - 1897),
pagina d'incantevole morbidezza come ci fa capire anche la didascalia iniziale che recita "Andante teneramente".
Vi si alternano passaggi luminosi ad altri più malinconici, mentre la delicatezza e la ripetizione di alcune frasi musicali dona al pezzo un tono intimo e al tempo stesso un respiro d'infinito.

Intimo come quei vicoli
che sembrano usciti da un ricordo dell'anima e infinito come lo splendore del presente e di ciò che ancora non è, là dietro quella svolta.


Buon ascolto!

venerdì 13 aprile 2012

"Cassetto" : se la gioia nasce dentro.

Penso che per tutti, l'esperienza della musica sia fonte di gioia: per chi l'ascolta, per chi la esegue e, a maggior ragione, per chi la compone.
Sempre, anche a livelli diversi e con differente intensità, accostarsi ad essa
significa immergersi in un fiume, partecipare di una vita che abbiamo in noi magari senza saperlo e che la musica ha il potere di risvegliare e potenziare.
E' infatti
attingere in modo sempre più profondo ad una sorgente di linfa vitale attraverso melodie che, con la gamma infinita delle loro sfaccettature, parlano mirabilmente al cuore restituendo senso e miracolo all'esistenza.

Soprattutto per chi suona o compone, al di là della fatica che comporta acquisire la padronanza di uno strumento, è evidente quanto la musica coinvolga tutta la persona: si suona con una tecnica, ma prima di tutto con l'anima; si suona con le mani, ma prima di tutto col cuore, la mente, la sensibilità, con una passione che prende ogni fibra del corpo in un gesto totale.
E la gioia che da quel gesto scaturisce è un sentimento che supera qualsiasi altra più effimera fonte di piacere perchè è Amore, con la maiuscola.

E' a questo proposito che oggi ho deciso di postare una clip video che mi ha colpito - e ringrazio l'autrice per averla condivisa su youtube - sia perchè parla proprio di gioia, sia perchè ha come colonna sonora un brano di Giovanni Allevi che mi pare ben si adatti al discorso.


Si tratta di "Cassetto" tratto dal cd "13 Dita" (1997), pezzo che risale alle prime battute della carriera del musicista ascolano e purtroppo da tempo non più inserito nel programma dei suoi concerti, ma - a mio modesto avviso - una delle più straordinarie composizioni in assoluto che Allevi abbia mai scritto.
Già qui, delicatezza e impeto si fondono in un insieme di note che sgorgano dall'anima dell'autore come da una sorgente, prima in modo lento e pacato, poi fiume in piena ricco di passione, come in "Monolocale 7,30 a.m." o "Le sole notizie che ho" per citare alcuni brani del passato, o "Abbracciami" per arrivare a un pezzo più recente.

Forse sono stati ricordi ad ispirare "Cassetto", forse sogni...chissà!!!
Il titolo può ricondurre a tante cose, non ultima l'esperienza dell'Allevi bambino che - come lui stesso ha ricordato nel libro "La musica in testa" - scopre nascosta proprio in un cassetto la chiave del pianoforte che gli aprirà la strada della sua vocazione per la musica.


Il brano sembra quasi raccontarci come si origina una composizione.
Nella parte introduttiva infatti, risuonano singole note accompagnate da qualche arpeggio come se, prima di costruire una frase musicale, Allevi volesse ascoltare una sola nota per volta, sentirla riecheggiare ed essere pervaso dalla sua luce.
Solo dopo il tema del brano prende forma, lentamente, quasi nascesse da un piccolo segmento che con gradualità si amplia e ritorna su se stesso per svilupparsi e crescere fino ad aprirsi in piena esplosione di sonorità.
Come un linguaggio che, dopo aver sperimentato il suono delle singole lettere, le assembla in una parola, poi in un periodo fino a un intero e compiuto discorso.


Ma l'aspetto che, a mio avviso, conferisce maggiore fascino al brano è costituito dal ritmo che in alcune battute si fa più veloce e in altre si dilata più lento, talora in modo evidente, talaltra in maniera appena percettibile.Come un ricordo che affiora prima con delicata nostalgia e poi ci travolge in un impeto di passione. Come un passo che si affretta e poi d'improvviso rallenta forse esitante, quasi fosse il compositore stesso a fermarsi con occhi pieni di stupore davanti a ciò che l'anima gli sta rivelando.
Come la dedizione alla musica che, dal primo innamoramento iniziale, arriva poi a far breccia in modo sempre più profondo nella vita del musicista fino a diventare fonte di luminosa inestimabile gioia
.

Buon ascolto!

domenica 8 aprile 2012

Buona Pasqua !!!




Nella gioia

della Musica

Buona Pasqua

a tutti voi !!!












 

Beato Angelico: "Marie al sepolcro" - Museo di S. Marco - Firenze.

Mozart: "Coronation Mass in Do maggiore K.317" - "Gloria".

venerdì 6 aprile 2012

Venerdì Santo


Beato Angelico


"Compianto sul Cristo morto"
Museo di S. Marco - Firenze.




Rossini


"Stabat Mater".