lunedì 26 agosto 2013

Agosto: scenari di antica quiete contemplativa.

Agosto: ancora uno scorcio di vacanza, uno spazio da dedicare a una passeggiata sui monti o in riva al mare, alla contemplazione di un quadro, a ripercorrere una collezione d'arte. Ancora l'occasione di darsi un tempo di tranquillità per rivedere quel dipinto o quell'affresco ammirato solo una volta, magari di fretta, e che ci è rimasto nel cuore.

Potessi tornare in questo momento dove desidero, andrei al Castello di Chantilly, poche decine di chilometri sopra Parigi, sede del prestigioso Museo Condé che fra le sue collezioni - ricche tra l'altro di parecchi dipinti italiani - conserva le miniature dei fratelli Limbourg col famosissimo Ciclo dei Mesi, vero fiore all'occhiello della raccolta d'arte, di cui ho già parlato qui due anni fa.
Ma in mancanza d'altro....è sempre possibile sognare!
Allora, oggi, con la fantasia desidero portarmi a Firenze, alla Galleria degli Uffizi, dove - tra le tante opere di più grande fama - si trova una tavola che mi ha affascinato fin dalla prima volta, una di quelle creazioni per le quali si può parlare di amore a prima vista.

Si tratta della "Tebaide", dipinto di controversa paternità, per diverso tempo attribuito a Gherardo Starnina (1354 ca. - 1413) e successivamente al Beato Angelico (1395 ca. - 1455), artisti - come si vede - vicini cronologicamente e accomunati da alcune caratteristiche della pittura tardogotica.
La tavola ci parla del monachesimo dei primi secoli diffusosi tra l'altro anche in Egitto - il titolo "Tebaide" si riferisce appunto alla regione intorno alla città di Tebe - e, sulla base dei testi dei Padri del deserto e di alcune leggende medioevali, raffigura i vari aspetti della vita dei monaci, talora anche eremiti, nelle zone in cui si erano stabiliti.

La descrizione si sviluppa in una miriade di particolari che catturano lo sguardo dello spettatore guidandolo da un angolo all'altro dell'opera che - ricca di tanti episodi diversi - non ci riconduce però a un centro. 
A parte la bianca insenatura in mezzo al quadro, non esiste infatti un elemento che, per importanza e impostazione narrativa o prospettica, s'imponga sugli altri.
Le diverse scene sono riunite in un'unica cornice che sembra quasi fondere quelli che - soltanto un secolo prima - erano gli scomparti raffiguranti le varie fasi di una storia attorno al personaggio principale. Ricordiamo, per esempio, i tanti polittici dove la figura centrale del Santo è attorniata da numerosi quadretti che ne illustrano gli episodi della vita.

Qui al contrario, tra le varie scene è scomparso ogni tipo di separazione e il contesto unificante è costituito solo dalla natura, dall'abbraccio di quelle montagne scure nelle quali sono ricavate le celle e le grotte in cui gli anacoreti vivono, pregano e accolgono i fedeli.

Una miriade di particolari - dicevo - che tratteggiano un ambiente e i ritmi di un'esistenza di ascesi e di carità, una meravigliosa Bibbia dei poveri volta ad 
esaltare i caratteri della vita monastica. E nel contempo ci offrono un paesaggio ricco di scorci e definito con un gusto miniaturistico che molto avrà da insegnare ai futuri artisti del pieno Rinascimento, anche se qui ancora manca quella prospettiva unificante che sarà poi tipica del periodo successivo. 
Se infatti negli edifici ben delineati nelle loro architetture gotiche le proporzioni sono perfette, non si può dire la stessa cosa per il più ampio rapporto tra montagne, alberi e figure umane.

Una cornice quindi che unisce elementi squisitamente realistici ad altri più vicini alla favola, come del resto in tanta pittura del Gotico internazionale.
Ed è stato proprio questo aspetto fiabesco a prendermi immediatamente, con quelle casette disseminate qua e là in un brulicare di vita quasi fosse un presepio o una sorta di pittura "naif" ante litteram, sotto montagne fantasiose, simili a immagini che si perdono nei sogni dell'infanzia.
Per non parlare poi della suggestione dei colori, con quella gamma di sfumature di verdi e di grigi che segnano insenature e anfratti, vette dense di ombre e radure nascoste: una rappresentazione che ci riporta nel cuore di un mondo lontano, misterioso, di una natura selvaggia e tuttavia affascinante proprio come una favola dal sapore antico.

E a commento di queste immagini, un brano che ci restituisce la calma contemplativa con la quale possiamo addentrarci nel dipinto e respirarne l'atmosfera. 
Si tratta del secondo movimento, Adagio, dal "Concerto n.1 in Do maggiore per violino e orchestra d'archi" di Franz Joseph Haydn (1732 - 1809), pagina mirabile e luminosa dove il violino ci accompagna con una melodia di dolce cantabilità che mi piace pensare abbia affascinato anche il giovane Mozart.
Ma è il ritmo sommesso dei pizzicati a segnare il nostro passo mentre entriamo nelle varie scene del quadro e ne percorriamo i sentieri, respirando ad un tempo la pace delle immagini e la serenità contemplativa di queste note.

Buon ascolto!
(Dell'intero dipinto non ho potuto postare una riproduzione più chiara, ma cliccandoci sopra s'ingrandisce)

8 commenti:

Sandra M. ha detto...

Anche io andrei al museo Condé; ma potrei anche accontentarmi - si fa per dire - degli Uffizi!
Buon fine agosto.

Annamaria ha detto...

Sandra, bentornata!!!
Io, come vedi, mi accontento di sognare!
Buona serata!

Anonimo ha detto...

Grazie dei bellissimi scenari, Annamaria!
Accontentiamoci pure di sognare, ma poi trasformiamo i sogni in progetti e i progetti nel fare.
Un abbraccio.
egle

Annamaria ha detto...

Grazie della tua saggia esortazione Egle! Non c'è gioia più bella che poter concretizzare i propri sogni.
Abbracci a te!

Pia ha detto...

Ciao Annamaria, bell'argomento questo sull'opera del (forse) Beato Angelico.
Ho ancora forti dubbi sull'appartenenza di questo splendido scenario.
Però ne hai fatto una descrizione sublime.

P.S.Non se se gradirai ma ti ho regalato un premio. Un saluto.

Annamaria ha detto...

Cara S.Pia, non so se sono davvero affidabile, ma GRAZIE mille del premio!!!
Quanto al post sono contenta del tuo apprezzamento, ma sui problemi di attribuzione della tavola lascio l'ultima parola a te che sei un'addetta ai lavori e certo ne sai più della sottoscritta.
Un abbraccione!

Nella Crosiglia ha detto...

Devo dire Annamaria mia bella che l'ascolto di questa preziosità di Hayden invece che portarmi più dentro il quadro , bellissimo peraltro, mi faceva uscire fuori dal tutto, tanto la melodia è contemplativa.
Boschi, colline montagne tutti a portata di mano , un vero presepe vivente che si dipanava tra le note...
Meraviglioso!
Grazie dolcezza mia+++++

Annamaria ha detto...

Davvero, NELLA, ha una melodia contemplativa questo Haydn e la tua sensibilità la fa vivere ancora di più!
Grazie a te di essere qui!!!