mercoledì 31 dicembre 2014

Giacinti d'inverno

Tra una festività e l'altra, m'incontro con due care amiche di vecchia data con le quali ho condiviso tanta storia scolastica e non.  
Ci vediamo un po' di corsa in pausa pranzo, anche se di pausa in realtà non si tratta perchè tutte abbiamo smesso di lavorare da qualche anno, ma siamo sempre ugualmente affaccendate e il tempo è poco. Forse anche per questo i discorsi scorrono facili, tante sono le cose da condividere o rinverdire.

E' verso la fine dell'incontro che ci scambiamo qualche regalino e una delle due mi porge un sacchetto delicato, stando attenta a non rovesciarlo e quasi scusandosi della piccolezza del suo pensiero. 
Piccolezza??? Ma è bellissimo!!! 
E' un giacinto ancora in boccio: dal bulbo infatti esce un alto germoglio che ha in cima un grappoletto di fiori ancora chiusi. 
Ma si apriranno, garantisce la mia amica.

Confesso che non ho il cosiddetto "pollice verde" e temo di sbagliare tutto: esposizione, temperatura, annaffiature, ma lei mi tranquillizza dandomi poche facili istruzioni. 
Una volta a casa però mi prendono i dubbi: che faccio, lo interro in un vaso più grande? O lo lascio così, praticamente solo col bulbo in poca terra? Ma poi fiorisce anche in questa stagione? Concludo che chiederò aiuto alla mia vicina del piano di sotto che ha una balconata di piante da fare invidia al paradiso terrestre, intanto lo annaffio un pochino e aspetto.
Ed è con mio immenso stupore che, in capo a un giorno, il giacinto comincia a fiorire....fiorisce davvero!!! Comincia dal basso e poi va man mano coprendosi di fiori rosa delicati a vedersi, ma al tatto non privi di una certa consistenza.

Lo so e me lo immagino: chi s'intende anche solo un po' di giardinaggio, davanti a questo mio stupore sorriderà....
Ma una cosa è ricevere una pianta già fiorita, altro invece osservarla mentre si apre, seguirne pian piano le fasi, scoprirne il colore, sentirne il profumo, contemplarne il crescente splendore. 
E se pure la fioritura non è ancora completa - lo vedete nella foto...è proprio il mio giacinto! - insieme alla fragilità vi si coglie la forza e la perfezione con cui la natura opera anche nel piccolo. Lo si avverte con immediatezza, non ci sono discorsi da interpretare, ma colori, forme, profumi, sensazioni da cui lasciarsi avvolgere, un po' come in musica quando le note ci parlano arrivando dritte all'anima.

Così, mi piace commentare questo piccolo, luminoso evento, con un brano di Giovanni Allevi e precisamente con "Memory", tratto dal cd "Alien (2010). 
E' un pezzo di struggente dolcezza che si apre lento in un'atmosfera di grande intimità fatta di lievi, delicatissime note, per poi proseguire sprigionando energica e sferzante tutta la potenza di un ricordo e ritornare infine ai toni assorti e un po' malinconici dell'inizio. 
Il tema infatti, nelle sue successive riprese, ci regala una melodia che è sguardo capace di posarsi sulla realtà con la levità di una carezza, ma anche vitalità vibrante e appassionata, caratteristica comune del resto ad altri brani del compositore.  
"Memory": forse un ricordo doloroso che la musica aiuta ad accogliere, forse semplicemente la volontà di non dimenticare la vita che si dispiega dentro e fuori di noi e riaffermarne lo splendore con tutta la forza delle note. 
Per tener viva una memoria e insieme per aprire gli occhi e il cuore.
   
E come il mio giacinto, anche la clip video - con le splendide immagini di fiori sbocciati tra le rocce o nell'aridità di un deserto - mi suggerisce che la vita continua tenace nonostante tutto, nonostante i drammatici eventi che costellano quotidianamente le cronache e nonostante la stagione d'inaudita, impensabile violenza che stiamo attraversando.
Allora, un fiore che ci illumina o una melodia che si accende di forza o si stempera in una luce di dolcezza non sono semplici frammenti di sopravvivenza in una compagine di sfascio o - peggio - uno schermo per nascondere la realtà, ma luoghi in cui abita la Vita in tutta la sua essenza. 
A ricordarci chi siamo e a rinverdire la speranza.
E non mi sembra fuor di luogo citare le parole dello stesso Allevi, tratte proprio dalla presentazione del cd "Alien":

"Solo con gli occhi della Musica si riesce a svelare la realtà, a "vedere oltre"....oltre quell'universo sconsiderato e infelice che sembra crollarci addosso ad ogni istante".

Buon ascolto e BUON ANNO !!!

 

giovedì 25 dicembre 2014

Buon Natale!!!

A tutti voi 
che passate
di qui,

BUON  NATALE

nella luminosa armonia 
delle note!!!


















Taddeo Gaddi (1330 ca. - 1366), "Annuncio ai pastori"
Firenze, Santa Croce 

 

Antonio Vivaldi (1678 - 1741): "Gloria in excelsis Deo" 
dal "Gloria in Re maggiore RV 589".

domenica 21 dicembre 2014

La gallina nera

Ho fatto il presepio, come tutti gli anni. 
In casa mi prendono in giro perchè dicono che è sempre uguale: mai una variazione, un corso d'acqua, un ponticello, una struttura diversa....
E devo ammettere che hanno ragione: ho il mio schema che ripeto quasi sempre al millimetro, un po' perchè non sono dotata di molta fantasia, ma più che altro perchè mi manca la giusta manualità per modellare monti e valli, rupi e anfratti.

Il mio invece è un presepio di pianura, con una stradetta bianca in mezzo ai  campi sulla quale si snoda una processione di personaggi che portano doni alla capanna, vero centro della scena.
La capanna infatti è avvolta dalla luce che non nasce da un impianto di lampadine colorate, ma da un gran cuffione di neve, creato con innumerevoli fili argentati sovrapposti che sommergono il tetto, circondano le pareti e giungono a lambire con il loro scintillio anche Maria e Giuseppe.
E' l'aspetto che curo di più, e quando ogni mattina entro nel tinello ancora buio (perchè il presepio sta sul ripiano della credenza, vicino alla tavola, e praticamente mangiamo insieme....), prima di aprire le finestre, mi piace sostare qualche momento finchè gli occhi si abituano alla penombra e scoprire che, davvero, tutti quei fili argentati fanno luce.
Per il resto, allontanandosi dalla capanna a un certo punto la stradetta bianca si biforca: da un lato ci sono i pastori ancora dormienti e dall'altro, in fondo, arrivano i Magi. Tutto qui.

Ma non è così vero che non ho mai cambiato niente: da qualche anno ho modificato un dettaglio e - si sa - a volte sono i dettagli a fare la differenza.
Tra le varie statuine di cui alcune risalenti ancora alla mia infanzia, ci sono pastori e pecorelle in quantità, un cane e un paio di gallinelle. Pecore e agnelli - lo sappiamo - abitano di diritto nel presepio e si trovano accanto alla culla del Bambino anche in dipinti famosi: così li avevo sempre collocati davanti alla capanna accompagnati da uno zampognaro secondo le più scontate tradizioni, e mi pareva che tutto funzionasse.

Invece, la novità l'ho inserita proprio qui, e da qualche tempo, in primo piano davanti al Bambino, a tu per tu con la Sacra Famiglia, ho messo lei: la gallina nera.
Non sapevo neppure di averla: forse un ricordo d'infanzia, forse un'aggiunta comprata chissà quando. Fatto sta che è bruttina, sbreccata, ha una zampetta spezzata che la rende instabile per cui spesso mi finisce a becco in giù, e per di più a guardarla bene somiglia a un'oca, ma l'ho sentita subito mia, quasi in qualche modo mi ci fossi identificata.
D'allora è a lei che assegno il privilegio di stare diciamo così in "pole position" davanti a Gesù, e ogni anno la ricolloco puntualmente allo stesso posto con un moto istintivo di affetto e un sorriso segreto.

No, non è nostalgia animalista la mia, ma la convinzione sempre più chiara che il Natale è la realtà di un Dio che spalanca un'accoglienza senza limiti davanti a chiunque, in qualunque situazione materiale o spirituale si trovi. Un Dio che delle nostre brutture, delle nostre cadute o dell'instabilità che talora ci contraddistingue, non si vergogna al punto da essersi fatto vicino per condividere la precaria tenda dell'uomo.
La mia gallina nera, con i suoi limiti e le sue ferite, i suoi desideri e i suoi sogni magari inconfessati, le sue paure e le sue tristezze, rappresenta un po' tutti noi se qualche volta una sofferenza ci ha attraversato - grande o piccola non importa - e abbiamo avvertito il bisogno d'incontrare qualcuno che ci accolga dalle radici.
La mia gallina nera sono io o sei tu che forse leggi, assetati di un Amore che, come un immenso respiro di sollievo, ci dilati l'anima e tocchi in noi corde così profonde da farci sentire finalmente e gioiosamente a casa.

E come colonna sonora per il mio presepio, e per voi, oggi vi propongo un dolcissimo brano di Georg Friederich Haendel (1685 - 1759). Si tratta della famosa "Pastorale" dal "Messiah HWV 56", pezzo lento come una ninna-nanna e ricco di una gioia pacata e tutta interiore. Ci accompagni la sua luminosità in questi giorni che precedono il Natale!

Buon ascolto!

lunedì 15 dicembre 2014

Tema con variazioni

Caleidoscopio di Moira Gil
Ho sempre amato i temi con variazioni, quei brani che iniziano con l'enunciazione di un'aria - talora una melodia semplicissima, quasi scarna nelle linee essenziali del suo andamento - e poi la ripropongono progressivamente ampliata e rielaborata, declinandola in tutte le sue possibilità melodiche, ritmiche o timbriche.

Il carattere precipuo di tali brani sta nel condurci sempre più in profondità o sempre più in alto, quasi ci trovassimo davanti a un albero e andassimo ad esplorarne non solo il fusto, ma ora l'intrico delle radici, ora il dispiegarsi della sua chioma e dei suoi rami nel vento.
Sono composizioni che a volte girano attorno al tema centrale inanellando un'infinita ricchezza di ornamenti, altre volte vi si soffermano scandagliandone fino in fondo i vari passaggi con risultati spesso sorprendenti e impensati.
Ci troviamo così di fronte a un caleidoscopio di variazioni che diventano man mano più complesse e difficili, o più vivaci e tempestose; ma anche a brani che vanno facendosi talora più intimi e sembrano addentrarsi in una meditazione gradatamente più profonda.
Si tratta di pezzi nei quali - come sempre del resto - tecnica e inventiva procedono di pari passo; ma mentre in taluni casi il filo rosso dell'aria iniziale è ravvisabile fino alla fine sia pure nella complessità delle diverse rielaborazioni, in altri invece, l'operazione è tanto ardita che il tema originario nella sua nitidezza ne risulta quasi stravolto.

La musica classica a questo riguardo ci offre parecchi esempi: dalle "Variazioni Goldberg" di Bach - forse le più famose in assoluto - al "Bolero" di Ravel; dalla "Follia" di Corelli ripresa peraltro da svariati altri compositori, alle "Variazioni Diabelli" di Beethoven. E poi ancora Mozart, Mendelssohn, Schubert e via dicendo....
Sono composizioni che restano nell'anima perchè la riproposizione di un tema non è mai sterile ripetizione, ma appassionata ricerca che di quel tema va ad indagare ogni sfaccettatura, a ricreare il fascino, facendo scaturire altro splendore.
Talora ciò avviene con un ritmo progressivamente più acceso come nel finale della celeberrima "Ciaccona" di Bach, talaltra con accenti più intimi come nel "Poco adagio, cantabile" del "Kaiserquartett op.76 n.3" di Haydn - una delle mie passioni assolute che potete ritrovare qui - che sempre più sommessamente ci conduce nelle profondità oscure dell'anima. 

Ma al di là delle variazioni che numerosi musicisti hanno scritto su di un proprio tema, ne esistono anche parecchie composte su arie altrui. 
Basti pensare a Fernando Sor e alle sue famosissime "Variazioni op.9 su di un tema di Mozart" - che potete ascoltare qui - nelle quali i virtuosismi di una chitarra diventano irrefrenabile vita che nasce da vita.  
O a Brahms e Rachmaninov che si sono ispirati al "Capriccio n.24 op.1" di Paganini per liberare la loro fantasia musicale in opere altrettanto pregevoli.

Così, per restare in argomento, oggi vi propongo un brano di Jean-Philippe Rameau (1683 - 1764) e precisamente la "Gavotta con variazioni in la minore", creazione di squisita eleganza e ricca inventiva. 
Come spesso accade, l'esecuzione al pianoforte invece che al clavicembalo conferisce al pezzo particolare fluidità, sottolineata in questo caso dalla bravissima pianista ucraina Natacha Kudritskaya, che alle doti virtuosistiche unisce una passione interpretativa capace di far fiorire il testo in mille sfumature.
Dolcissimo il tema iniziale nel quale rigore, morbidezza e misura si sposano meravigliosamente e dove cogliamo i vari abbellimenti non come ornamenti puramente esteriori del brano, ma quale parte integrante ed essenziale del suo fascino. Così accade anche lungo lo snodarsi delle sei variazioni che accendono il pezzo di vivacità e di garbo, con qualche tocco più malinconico alternato a passaggi ricchi di energia.

Incantevole poi il video che ci mostra ora l'espressione del viso della pianista, ora le sue mani sulla tastiera: mani che danzano comunicandoci il rigore insieme alla gioia e alla giocosa leggerezza che questa musica ci offre, e coinvolgendoci progressivamente nel suo splendore fino all'entusiasmante crescendo del finale.

Buona visione e buon ascolto!

domenica 7 dicembre 2014

"Abendlied"

Primi di dicembre, le cinque del pomeriggio. 
Calano già le ombre della sera e, se la giornata è stata grigia, sembrano scendere ancora più in fretta. 
Tuttavia, con ogni tempo e in ogni stagione è sempre affascinante l'ora del crepuscolo, quel breve spazio che prelude al buio in cui il cielo, dopo il tramonto, ci offre gli ultimi sprazzi di chiaro, magari in mezzo alla nuvolaglia. 
E quando i lampioni si accendono, il contrasto con la luce naturale che va spegnendosi crea per qualche istante un effetto magico.

E' un fascino che mi prende soprattutto se sono in viaggio. L'ombra crescente che mi circonda talora in mezzo la folla, talaltra in solitudine, il desiderio di casa, un refolo di vento, mi regalano ogni volta la stessa percezione: siamo viandanti in cammino, sempre, sia che lo avvertiamo in circostanze salienti del nostro vivere, sia che tale percezione ci colga nel cuore della quotidianità, nel caos metropolitano o sul binario deserto di una stazione.
Sono suggestioni che ci afferrano spesso quando un percorso volge al termine, la luce lascia spazio al buio e la giornata finisce dando luogo alla notte e ai pensieri che essa porta con sè: sogni e speranze, nostalgie o incertezze.

E come all'alba il sorgere del sole, così anche il morire della luce - nel tempo - è stato stato oggetto di contemplazione da parte di svariati artisti attraverso i loro versi, i loro dipinti o le loro note.
Torna certo alla mente "l'ora che volge il disio" nel clima soffuso di delicatissime sfumature del Purgatorio di Dante. Ma per risalire ad epoche più vicine a noi, è ricco di fascino anche il crepuscolo cantato da Baudelaire e insieme a lui da altri poeti di fine Ottocento. 
Sul fronte della pittura poi, come non ricordare i colori intensi di Monet o i toni più smorzati di Millet in alcune loro opere che hanno fermato sulla tela proprio questo particolare momento della giornata? 
E l'elenco potrebbe continuare....

Ma anche parecchi musicisti hanno dedicato le loro note all'universo di emozioni che il calar della sera fa riaffiorare in noi, attraverso un particolare tipo di composizione chiamato "Abendlied": canto della sera, appunto. 
Si tratta di una forma musicale presa in considerazione da svariati autori di ieri e di oggi - da Beethoven a Reger, da Schumann a Castiglioni solo per fare qualche esempio - che si sono ispirati a testi di carattere a volte sacro, altre volte profano.
Il crepuscolo, il cielo stellato, il mistero della morte e in genere un'effusione di sentimenti e riflessioni esistenziali danno a queste creazioni un tono talora romantico e triste, spesso intensamente contemplativo, anche se non mancano brani molto più luminosi.

Quello che oggi desidero regalare a chi passa di qui è lo splendido "Abendlied op.69 n.3", che conclude i "Drei geistliche Gesange" di Joseph Gabriel Rheinberger (1839 - 1901), compositore e organista originario del Liechtenstein. 
Si tratta di un pezzo di polifonia sacra a sei voci miste, scritto dall'autore a soli sedici anni (!), sul testo del Vangelo di Luca: "Resta con noi perchè si fa sera e il giorno già volge al declino" (cap.24, v.29).
Sono sempre profondamente ammirata dal genio precoce di tanti artisti, soprattutto se - come in questo caso - la composizione è piuttosto complessa e presuppone già una sicura padronanza delle regole dell'armonia.

E' un brano che ci resta dentro subito, quasi lo portassimo in cuore da sempre e il fascino assoluto di alcune dissonanze o di altri passaggi più luminosi andasse a risvegliare quella musica nascosta che vive in ciascuno di noi.
E la sua suggestione è ancora più intensa se capita di sentirla riaffiorare mentre si è in viaggio, magari ad attendere un treno nel vento della sera. 
Una polifonia che ci illumina di luce segreta come una preghiera, regalandoci la sua pace insieme a un'eco lontana del "Largo" di Haendel e dell' "Ave verum" di Mozart: impressioni fuggevoli come brividi che percorrono l'anima colmandola di splendore.

Buon ascolto!