domenica 31 maggio 2015

Ombre nella notte


Circa due anni fa, in questo blog mi sono brevemente occupata di un pittore statunitense al quale ho dedicato il post che trovate qui, ma avevo promesso a me stessa che non sarebbe stato l'unico, tanto le sue opere mi hanno sempre affascinato.
Invece, altri argomenti hanno avuto poi la precedenza e torno solo ora a parlare di lui.

Mi riferisco a Edward Hopper (1882 - 1967) del quale, a suo tempo, avevo presentato una piccola carrellata di dipinti tra i più famosi.
Questa volta, a catturarmi è stata un'opera ugualmente celebre e ricca di fascino, ma realizzata con una tecnica differente rispetto alle precedenti: si tratta dell'acquaforte che vedete, intitolata "Night Shadows" e conservata al Whitney Museum of American Art di New York.

E' un'immagine carica di suggestione per il particolare punto di vista e per quello spazio che si allarga chiaro a sottolineare il vuoto attorno alla figura umana, piccola e sola tra edifici scuri e incombenti.
Misterioso, nella sua solitudine, un uomo cammina nella notte quasi spiato dall'alto da noi che guardiamo, mentre le ombre del suo corpo - e forse di un lampione - si allungano sulle vie deserte in un'atmosfera sinistra, accentuata dalle pesanti architetture e dal contrasto tra il bianco e il nero.
Di lui - forse simbolo di noi tutti - non vediamo il viso nè l'espressione, ma nonostante la composizione sia costruita con geometria precisa, l'angolo di visuale fa emergere netta la sproporzione tra la figura e l'ambiente circostante, a cominciare dal marciapiede spropositatamente largo in rapporto alle dimensioni dell'uomo. 
Magistrale l'inquadratura offertaci da Hopper, eppure sconcertante come un occhio nascosto che osservi la creatura inconsapevole, conoscendone già il destino e l'angosciosa provvisorietà. 
Quella che l'artista rappresenta infatti, non è l'ombra protettiva e sicura sotto la quale ci si rifugia in cerca di conforto, ma un'atmosfera minacciosa e straniante, come se il buio fitto che si addensa tra gli edifici li rendesse irriconoscibili facendone affiorare dimensioni ignote.

Non amo particolarmente il noir, ma devo riconoscere che talora è affascinante, soprattutto quando a monte ci sono artisti decisamente grandi nella loro capacità di  coinvolgere lo spettatore.
Osservando quest'opera datata 1921, mi sembra di respirare proprio l'atmosfera onirica che caratterizza certi film riconducibili all'Espressionismo tedesco, anche se qui non ci troviamo ancora di fronte alla distorsione di immagini cui arriverà il cinema di quegli anni. 
Ma la suggestione del mistero, di ciò che non è detto o non esplicitato dalla rappresentazione, ci sollecita ad inoltrarci in essa con la fantasia facendo nostro lo sgomento che da essa promana.

E per commentare quest'immagine con un brano di musica che ne rispecchi un po' il clima, oggi mi concedo una breve diversione dalla classica e torno a un amore di parecchio tempo fa. 
Si tratta di Sting e della sua bellissima quanto famosa "Moon over Bourbon street" da "The Dream of Blue Turtles", primo cd da solista del compositore britannico, dopo l'esperienza dei Police.
Nonostante la mia predilezione vada ad altri generi, questa canzone mi ha sempre conquistato col suo ritmo e la sua atmosfera accattivante e grintosa, come il suono di quella tromba che fa da sottofondo e sembra duettare con la straordinaria voce dell'artista.
Un suono che inizia lieve, con un fraseggio leggero appena accennato, per farsi poi grido e lamento lontano, inanellandosi col suo andamento tormentato tra le parole del brano e dando loro uno spessore che - senza l'andirivieni jazzato di quelle note - forse non sarebbe lo stesso.
In effetti, delle varie clip audio che ho ascoltato prima di scegliere questa, nessuna - a mio avviso - ci offre uno sfondo così meravigliosamente efficace, un'interpretazione così profonda e coinvolgente.

E ad aggiungere fascino, nel cuore della canzone, un breve intermezzo bachiano o quantomeno barocco - almeno così mi pare - sempre sorprendente e tuttavia non nuovo nei brani di Sting. Non è un riferimento preciso, ma un clima quello che vi riecheggia, quasi un richiamo a certi passaggi bachiani tra i più drammatici, dalle Passioni alla Messa in si minore.

Una musica che non smette di prenderci fino all'ultimo accordo oscuro e roco, quasi sinistro, a ricordarci che la canzone è stata ispirata dal libro di Anne Rice "Intervista col vampiro", un testo che si addentra nell'eterno dualismo tra bene e male. Narra infatti la storia di un vampiro dalla sensibilità umana ancora viva, in lotta perenne con la propria anima, dilaniato dal tormento di essere costretto a uccidere, ma nel contempo incapace di accettare l'inevitabilità dell'omicidio. Storia di solitudine e di mistero quindi, di contraddizione ed esigenza di riscatto.
Forse può essere qui il senso dei possibili riferimenti ad un compositore di vertiginosa altezza come Bach, nella vicenda di un essere inchiodato al proprio oscuro destino e al tempo stesso desideroso di salvezza.
E quell'ultimo accordo cupo che sembra sprofondare nel buio sta a ricordarcene il dramma.

Buon ascolto! 

 

lunedì 25 maggio 2015

Musica che risponde a musica....

W. Turner, "Tramonto sul lago"
Parlavo pochi giorni fa del potere terapeutico della musica, ed ecco un articolo proprio su questo tema.
Leggo infatti sul "Corriere della Sera" di ieri un interessante pezzo di Elisabetta Andreis intitolato "Curarsi aprendo lo spartito. Il gran potere delle note".
  
Vi si parla del successo della musicoterapia presso varie case di cura - dalla Fondazione Don Gnocchi all'Ospedale San Gerardo di Monza - e della necessità della sua diffusione  dato il numero sempre più consistente di effetti positivi ormai da tempo scientificamente provati.
L'argomento non è nuovo, ma è sempre bello scoprire quanto la musica sappia risvegliare in chi l'ha perduta la consapevolezza delle proprie emozioni e quindi della propria identità profonda. In particolare, nell'articolo si sottolinea il fatto che essa può ridare vita ad un universo di ricordi, riannodare fili, richiamare memorie che costituiscono patrimoni di ricchezza vitale di cui i diversi pazienti tornano in possesso. 
Nel testo si fa riferimento più che altro alle canzoni che - anche attraverso le parole - vanno a suscitare tali memorie toccando di volta in volta quel tasto a cui ciascuno è più sensibile e reattivo. Tuttavia, resta vero che in questo compito è coinvolto tutto il mondo dei suoni e dei generi musicali.
Funziona dai cardiopatici ai malati di tumore, dai disabili a chi è affetto da demenza senile, dai bambini agli anziani. E dalle dichiarazioni dei vari esperti del settore, emerge sempre più chiara la funzione delle note nell'attivare processi terapeutici che migliorano nei pazienti l'umore, la capacità comunicativa e di conseguenza la qualità della vita.

Ma in tutti, anche in coloro che non manifestano particolari patologie e godono di buona salute, le note hanno il potere d'incidere a fondo placando ansie o restituendo energie, come già mi è capitato di sottolineare più volte in vari post.
Allora, proprio a questo proposito, mi piace regalarvi un brano che di una terapia ha tutti i caratteri e l'efficacia.
Si tratta del terzo movimento, "Poco adagio", della "Sinfonia n.4 in Sol maggiore" di Gustav Mahler, pezzo piuttosto lungo e articolato di cui la clip audio riporta solo la prima parte, ma sufficiente - a mio avviso - a farcene percepire tutta la suggestione. 
Bello lasciarsi portare da queste note dal carattere intensamente lirico, consentendo che, per qualche momento, siano esse ad impadronirsi con dolcezza delle redini del cuore e ad accompagnarci nel nostro cammino con passo lento e pacato, al ritmo di un respiro sempre più largo e profondo!
Bello entrare in questa melodia che sale con progressiva intensità orchestrale e sembra introdurci in una dimensione contemplativa, soave e solenne, espressiva e ricca di una molteplicità di colori!
Ci si immerge in essa come in un fiume, sentendosene parte e cogliendo l'affinità profonda fra le note e il tessuto del cuore che ne viene per così dire rigenerato, quasi vi ritrovasse una somiglianza antica: siamo musica che risponde a musica....
Tale è l'atmosfera di quiete da cui siamo pervasi insieme alla percezione d'infinito che - in alcuni tratti - sembra di ripercorrere i versi leopardiani per addentrarsi nei "sovrumani silenzi" di cui parla il poeta, senza tuttavia contraddizione alcuna perchè è proprio la musica a guidarci verso la dimensione del silenzio.
E l'infinito che le note di Mahler ci fanno percepire non genera sgomento, ma solo dolcezza.

Buon ascolto!

lunedì 18 maggio 2015

Maggio veronese

E' stata Verona, città ricca di storia, arte, musica e cornice di una delle più struggenti vicende d'amore di ogni tempo, ad accogliere il tradizionale incontro blogger di primavera che ha visto riunita l'ormai consolidata brigatella di amici, più qualche graditissima new entry.

Il piccolo raduno - già iniziato al sabato per chi poteva con visita alla città e cena - ha avuto il suo clou la domenica con passeggiata (lunga) al mattino, pranzo sontuoso e passeggiata (più breve...) al pomeriggio, il tutto inframmezzato da un gran fervore di conversazioni e qualche risata. 
Un copione ormai consueto - ma non per questo meno piacevole - e arricchito da una sempre più intensa gioia di ritrovarsi, insieme a un pensiero per gli amici che stavolta non hanno potuto essere presenti ai quali diamo appuntamento per il prossimo autunno.
L'itinerario non ha preso in considerazione solo le mete tradizionali come l'Arena, Piazza delle Erbe o Piazza del Signori; non solo il centro storico e il ponte di Castelvecchio, ma....vedete il panorama della foto a lato ??? Splendido vero???
E' qui che, in qualità di padrone di casa, ci ha condotto Luigi del blog "luce sepolta". 
Attraverso un percorso pensato con certosina precisione di tempi, ci ha portato infatti alla scoperta della Verona più affascinante, fatta non solo dei luoghi più frequentati e famosi, ma anche degli angoli più riposti nel verde, tra fioriture di rose e profumatissimi gelsomini. 
Una passeggiata incantevole che, complice la bella giornata, ci ha condotto alla collina di Castel San Pietro, itinerario del quale Luigi ha scandito il percorso - e le rampe di scale - come fosse un bravo insegnante che, con pacata autorevolezza, sa portarsi dietro tutti, compresi gli allievi più recalcitranti (e per questa volta non faccio nomi!...).
  
Ma anche nel pomeriggio, é stato bello andare alla scoperta di angoli della città decisamente suggestivi: stradette tranquille, cortili pieni di silenzio e palazzi di antica signorilità dalle facciate dipinte e dalle finestre goticheggianti: una meraviglia!!!
Davvero quindi un incontro all'insegna dello splendore delle cose viste, dello star bene inseme e di quella condivisione sempre più profonda che consente di parlarsi a cuore aperto nel segno della vera amicizia.
E sul treno di ritorno, riguardando il badge che - come sempre, nella sua perfetta organizzazione - Ambra aveva puntualmente preparato per ogni blogger partecipante, mi sono ritrovata piena di gratitudine per il sorriso e la schietta cordialità di ciascuno.
  
Allora, proprio sull'onda di questa gratitudine, vi regalo un brano di musica nella speranza che vi piaccia.
Trattandosi di Verona, ero tentata di postare un pezzo dal "Romeo e Giulietta" di Prokofiev o da "I Capuleti e i Montecchi" di Bellini. Tuttavia, le musiche mi sono parse intrise di una malinconia e talora di una drammaticità non proprio in sintonia con la gioia e la piacevolezza del nostro incontro.
Allora ho optato per il brano che segue che, pur essendo pervaso da intenso romanticismo, ha la leggerezza gioiosa di una danza.
Si tratta del "Valzer in do diesis minore op.64 n.2" di Chopin che forse molti ricorderanno anche di aver suonato, ma che qui riporto non nella versione per pianoforte solo, ma in quella orchestrale predisposta in seguito da Alexander Glazunov per il balletto "Le silfidi".  
Trovo che questa versione esalti la ricchezza e la varietà di temi del brano: ogni singolo strumento infatti si fa voce particolare che ne sottolinea ora il ritmo, ora la delicatezza romantica, in un movimento che, pur nella soavità melodiosa del suono, va facendosi sempre più trascinante.

Un valzer che mi richiama alla mente l'immagine forse più dolce che mi ha lasciato la giornata veronese: Anna del blog "GLI ULTIMI"  che improvvisa un passo di danza insieme al figlio Michele: un'immagine di libertà e respiro, di levità e gioiosa leggerezza.

GRAZIE e buon ascolto!

lunedì 11 maggio 2015

Note come carezze....

Mi è capitato, in questi ultimi tempi, di rivedere in tv alcuni vecchi film e, in taluni casi, di apprezzarli maggiormente rispetto alla prima volta.
La possibilità di ripercorrere a distanza di tempo una pellicola può essere infatti fonte di nuove emozioni, cosa che del resto accade anche con la lettura di un libro, l'ascolto di un brano di musica o la fruizione di un dipinto.
Tuttavia il linguaggio cinematografico, di per sè più complesso e articolato, è per me quasi sempre occasione di rinnovato interesse e, rivedendole, capita che riesca a gustare anche pellicole che magari in passato non mi avevano destato particolare entusiasmo.

Confesso che - al di là della trama, della costruzione dei personaggi, dell'ambiente, della recitazione e via dicendo - uno degli elementi chiave che mi consente di entrare nel vivo di un film e me ne suggerisce una più profonda comprensione è la colonna sonora, ed è quasi automatico che sia essa a catturare per prima la mia attenzione.
Ne parlavo già tempo fa, sottolineando il ruolo e la straordinaria capacità delle note nel commentare immagini, nel suggerire e interpretare, dando ampiezza e rilievo ad una sequenza filmica con un linguaggio che ci raggiunge in modo immediato.

Penso tuttavia che la musica sappia arrivare ancora più a fondo, andando a svelare la bellezza insita in una storia - e dunque nel nostro vivere - anche quando essa non è subito evidente e facendola emergere da qualunque situazione, comprese quelle più contraddittorie o impensate.
Ho in mente - a questo proposito - alcune famosissime colonne sonore che parlano più di tanti discorsi o immagini, completando il senso di ciò che vediamo e facendo affiorare un tale universo di emozioni che, senza quel particolare commento musicale, un film non sarebbe più lo stesso.

Le citazioni potrebbero essere tante, ma due esempi mi sono sempre parsi più significativi di altri: la "Passione secondo Matteo" di Bach nel film "Accattone" di Pierpaolo Pasolini, e l' "Adagio" di Barber nelle sequenze conclusive di "Platoon" di Oliver Stone. Brani certo differenti, eppure entrambi intrisi di sacralità - non dimentichiamo che il pezzo di Barber diventerà un "Agnus Dei" - e che con questo loro afflato vanno tuttavia a commentare una realtà umana degradata e violenta.
Ma l'effetto che in apparenza potrebbe risultare stridente, diventa invece rivelatore, il contrasto diventa luce, come uno sguardo che fa emergere da quell'umanità un desiderio di riscatto, quasi l'abisso della miseria contenesse implicita un'invocazione di pietà che la musica coglie facendola affiorare.
Questa musica infatti ci aiuta a leggere la bellezza anche dove non ce l'aspetteremmo, ce la fa scoprire per risvolti inattesi, magari scavando al fondo di vicende di tragica violenza e svelando, dietro la fragilità dell'uomo, il suo inesausto bisogno di Essenziale.

Non si tratta di rinunziare a chiamare le cose col loro nome: la musica non mette maschere e non nasconde. Ma mirabilmente conduce all'origine di ogni gesto - o di ogni rabbia - svelando il desiderio di amore che abita il cuore di ciascuno, desiderio spesso tradito e contraddetto, nascosto e negato, ma vero come l'estrema verità che ci fa esseri umani.
E' questa - almeno così a me sembra - la radice profonda che talora la musica va a toccare. 

Allora essa non può non lasciare un segno in chi ascolta, come il brano di Ennio Morricone che vi propongo oggi, tratto dalla colonna sonora scritta dal compositore per il capolavoro di Sergio Leone "C'era una volta in America". 
Una musica che - come la vicenda narrata dal film - riflette una storia di umanità a tutto tondo che ci parla di amicizia, memoria, nostalgia, delinquenza, tradimento, delusione, ma soprattutto amore: inarrivabile e perduto, capace di tradursi in violenza, ma anche in afflato lirico.
Non una storia romantica, ma uno specchio di vita con le sue contraddizioni, come contraddittoria è la personalità del protagonista, fragile e talora grandioso, eroico e al tempo stesso brutale. E di questa vita la musica ci restituisce ogni dimensione andando a leggere, nelle pieghe della vicenda e nel cuore di personaggi, quella tormentosa nostalgia che ce li fa vicini.

Una storia sulla quale le note del famosissimo "Tema di Deborah" che qui vi propongo, si aprono come uno sguardo dall'alto, come carezze d'indicibile soavità. 

Buon ascolto!

domenica 3 maggio 2015

Siamo tutti quindicenni !

Già altre volte, in passato, mi è capitato di parlare del potere terapeutico della musica e di quanto essa agisca come catalizzatore capace di creare in noi reazioni e mutamenti, trasformando e plasmando le nostre emozioni.

Ma trovo che essa non sappia semplicemente rasserenare o rinfrancare, sanando ferite o ricomponendo il tessuto del cuore. Proprio per la sua capacità di pacificare interiormente, sa anche ringiovanirci dentro, aprendoci a uno sguardo nuovo su noi stessi e sulle cose.

Ci regala così uno spirito verdeggiante, ricco di germogli sorprendenti e inaspettati anche dopo il più rigido inverno perchè - se glielo permettiamo - essa ci raggiunge nel profondo dandoci forza, sorriso, amore per la vita e talora anche sete. Certe musiche, infatti, placano in noi una sete ma al tempo stesso l'accendono, come se comprendessimo che la sorgente a cui attingiamo è solo una scintilla, il rivolo di un fiume ben più grande e infinito.
Questo non soltanto perchè il numero dei compositori e delle loro creazioni è immenso, ma perchè tanti brani - ciascuno a suo modo - ci conducono verso quella musica del cosmo che risuona in un angolo profondissimo dell'universo e di noi stessi, lasciandocene la nostalgia.
E quando giungiamo a percepire la corrispondenza tra il tutto e il frammento, a cogliere il legame tra l'immensamente grande e il piccolo, insieme al fascino delle note riscopriamo in noi anche i palpiti di una giovinezza senza fine.
Sì, la musica sa ringiovanire il cuore di tutti: da chi la compone a chi la esegue, da chi l'ascolta a chi la canta. E cantare significa entrare in essa non solo con la mente e con l'anima, ma con ciò che ci è fisicamente più vitale come la voce e il respiro.

Allora, per addentrarci nel suo splendore in modo ancor più vivo, vi regalo un brano di Georg Friederich Haendel (1685 - 1759), compositore dallo stile spesso festoso e fastoso - e la "Musica sull'acqua" o la "Musica per i reali fuochi d'artificio" ne sono un esempio - ma anche ricco di grande intimità come in tante arie a cominciare dal famosissimo "Largo".
Quello che desidero condividere con voi oggi è il coro "Let their celestial concerts" che conclude l'oratorio "Samson" (HWV 57), una pagina fatta di architetture musicali scintillanti e leggere che, in certi passaggi, possono ricordare il celeberrimo "Hallelujah" dal "Messiah".
Insieme a un'atmosfera di solennità, infatti, la musica di Haendel è spesso attraversata da una vena di profondissima gioia che - come in questo brano - risplende nello spessore della polifonìa, restituendoci un cuore giovane e uno sguardo di più luminosa speranza.

E a proposito di giovinezza, mi piace concludere riprendendo l'espressione usata dal maestro del coro parrocchiale di un paesetto vicino che da qualche tempo ho iniziato a frequentare. 
Forse perchè vede l'età non sempre verde dei componenti, sottoscritta compresa, prima che cominciamo a cantare ci esorta così:
  "E ricordate che siamo tutti quindicenni!!!"
Il che significa: attaccate coraggiosamente senza incertezze, state a tempo, seguite il ritmo, rispettate i diminuendo senza rallentare e insieme alla voce metteteci la mente e il cuore, freschi come ragazzini!

Appunto! La musica fa scaturire energia e sorriso, entusiasmo ed ebbrezza  soprattutto quando il canto ci conduce al suo interno ringiovanendoci dentro....e speriamo anche fuori!!!

Buon ascolto!