martedì 30 giugno 2015

Amor di patria

Ho sempre amato gli inni nazionali e cerco di ascoltarli ogni volta che  vengono trasmessi in tv nel corso di cerimonie pubbliche, ma anche all'inizio o alla fine di eventi sportivi, dai campionati di calcio alla Formula Uno.
Mi affascinano infatti sia per le loro arie marziali, vivaci e talora ricche di pathos, sia perchè - in parecchi casi - nelle loro note riecheggia tanta musica classica.
Basti pensare - solo per fare qualche esempio - all'inno nazionale tedesco che riprende il famoso secondo movimento del "Kaiserquartett" di Haydn; o alla Marsigliese, strutturata dal suo autore esattamente sul "Tema con variazioni in Do maggiore" di G.B.Viotti, ma - oserei dire - anche su una delle arie iniziali del "Concerto per pianoforte K.503" di Mozart.
Se consideriamo poi che l'inno della Santa Sede è di Gounod e che quello del Brasile, scritto da Francisco Manuel da Silva, forse per pura coincidenza ma somiglia tanto a un'aria rossiniana, comprendiamo quanto la musica classica non sia estranea a questo genere di composizioni.

Vasto è il loro panorama: si tratta di brani costruiti in maggioranza su ritmi di marcia, a cominciare dal nostro "Fratelli d'Italia", ma in diversi casi anche sullo stile di un corale come ad esempio l'inno della Svizzera, e comunque sempre ricchi di intensa suggestione. 
Insieme a questi poi, troviamo anche altri canti patriottici appartenenti alla storia di ciascun paese che - pur non essendo propriamente inni nazionali - esprimono ugualmente accenti d'intensa passione civile esortando alla libertà, festeggiando una vittoria o celebrando i valori di un popolo.
Se poi allarghiamo gli orizzonti ancora più in là, scopriamo che anche parecchi grandi musicisti del passato - da Verdi a Chopin, da Tchaikovsky a Smetana e non solo - hanno dedicato alcune loro musiche alla patria per descriverne la bellezza, glorificarne il destino o invocare la libertà dall'invasore.

Allora, sull'onda di queste composizioni, oggi vi regalo un singolare e a mio avviso splendido pezzo di polifonia: si tratta della parte finale del poema sinfonico "Finlandia op.26 n.7" di Jan Sibelius (1865 - 1957).
Scritto nel 1899 per festeggiare l'indipendenza del Granducato di Finlandia dalla Russia, il poema si compone di un unico movimento suddiviso però in varie sezioni. Quella finale è un'aria suggestiva divenuta famosa col nome di "Finlandia hymni" a cui, in seguito, sono state aggiunte le parole dal poeta Veikko Antero Koskenniemi.
La bellezza di questa musica è tale che nel 2001 è stata avanzata richiesta al Parlamento finlandese di adottarla come inno nazionale, richiesta poi respinta. Tuttavia, il pezzo ha sempre goduto di una fama quasi pari a quella del vero inno, tanto che le sue note costituiscono ancora oggi l'aria di vari canti religiosi tra i quali il conosciutissimo "Be still my soul"
Il brano fonde infatti i toni marziali di una composizione patriottica con la suggestione di una preghiera.

Il coro esordisce piano e pacato conducendoci subito in un'atmosfera nitida e in un clima di grande compostezza, ma si fa poi progressivamente più intenso fino a terminare con toni decisamente solenni nel fascino sempre più coinvolgente della polifonia.
Bellissime le parole del poeta che celebrano la nascita di un nuovo giorno, della luce del mattino dopo il buio della notte e - con riferimento all'indipendenza ottenuta dalla Russia - esortano la Finlandia a sollevare la testa ormai libera dal giogo dell'oppressione.

Buon ascolto!
 

4 commenti:

eglissima egle ha detto...

Bellissimo e interessantissimo articolo sugli Inni nazionali. Anch'io sono affascinata ad ascoltarli nelle varie cerimonie. Ancora ricordo che al cinema, quando studiavo a Londra, a fine proiezione veniva suonato l'Inno nazionale e tutti dovevano alzarsi con la mano sul cuore e, chi conosceva tutto il testo, cantava.
Grazie per questo stupendo approfondimento.
Un abbraccio.
egle

Annamaria ha detto...

Sai, Egle, anch'io ho amato tra i primi l'inno inglese proprio quand'ero una ragazzina, ha un che di solenne che ti prende subito. Ma ce ne sono anche altri splendidi e che ritmo in quelli sudamericani!!!....
Grazie e abbraccioni!!!

amicusplato ha detto...

Non sapevo, carissima Annamaria, che la Marsigliese fosse una musica di Viotti :-)
Sono rimasto a bocca aperta quando, su tua indicazione, ho ascoltato il Tema con variazioni in Do maggiore dello stesso, e ho notato la perfetta corrispondenza con l'inno francese di Rouget de Lisle.
Sapevo del Concerto K 503 di Mozart, su cui anch'io ho scritto tempo addietro, ma si tratta solo di uno spunto, e inoltre successivo al Concerto di Viotti (del 1781).
Ti ringrazio di questa preziosissima informazione, che rende giustizia al grande violinista e compositore italiano.
Fa una certa impressione sapere che la "rivoluzionaria" Marsigliese è stata scritta da un musicista alla corte del re di Francia, e per di più italiano.

Un grande abbraccio :-)

Annamaria ha detto...

E' vero, Antonio, fa una certa impressione scoprire che l'autore dell'aria della Marsigliese è un musicista italiano!!! Il riferimento del concerto di Mozart è infatti - come scrivi giustamente - solo uno spunto e pure successivo.
Grazie a te di tutto!!!