"Gioire in Musica" è un piccolo spazio per condividere lo splendore della musica classica e le emozioni che essa suscita in noi; ma anche un luogo in cui raccontare quanto ogni musica nata dal profondo si intrecci alla nostra esistenza nutrendo il cuore e infondendoci vita, sorriso e limpidezza di sguardi.
Mi piace, la domenica mattina,uscireverso le novee immergermi in quelparticolare clima che talora si respirasul finire dell'inverno, quando le nebbie iniziano piano a dissolversi ma il paesaggio è ancora velato da una certafoschia. C'è infatti un'atmosferasospesa, diversada quella degli altri giorni,più evidenteseil temposi annuncia grigio. Esco di casa, attraverso la strada e subito me ne accorgo. E' il silenzio a fare la differenza, ad avvolgermi con la sua pace: l'aria è ferma, pochele auto, pocagente in giroe l'assenza di traffico rende più viva la miapercezione. Cosi, mi avvioin una solitudine che sempre mi affascina. Allora è come se, invece delle strade della mia cittadina, percorressi i vicoli tranquilli di antichi paesetti che amo, o m'immergessi nel pacato splendore di certi angoli di collinadove la pietra rusticasi fonde col verdedel panorama. Allora è bello - per qualche momento - perdersi e sognare, lasciando affiorare liberamente ilpropriopaesaggio interiore. Così,la chioma di un albero che sopravanza un muro diventaun giardino segreto; un arco, l'ingresso di un'antica dimora. E non posso non allungare lo sguardo a quel cortilettodi sempre, grigio e sassoso, al centro del qualemetterei un' aiuola, e nell' aiuolale primule. Luoghi reali o immaginari nei quali il mio respiro si fa più profondo e privo di affanno, perchè in realtà è dentro di me che m'immergo e la solitudine dalla quale sono avvolta - come la nebbia che fuori ancora si addensa - mi restituisce gradatamente alla percezione della vita e del suosplendore.
Mi accompagna, ritmando i miei passi, unbrano di Antonio Vivaldi: il secondo movimento, "Largo e spiccato", dal "Concertoin re minore per due violini, violoncello e archi op.3 n.11 RV 565" tratto da "L'estro armonico". Si tratta di una melodia ricca dell'inconfondibile fascino degli adagi vivaldiani, intima estruggente come il suonodolcissimo del violino. Penso che parte della suggestione ritmica di questo pezzo derivi dal fatto che è una "Siciliana": antica danza spesso in tonalità minore, dall'incedere lento, scandito in 6/8 o in 12/8,collocata di solito nel secondo tempo di sonate o concerti.Il panorama musicale ne è ricco di esempi, dal periodo barocco in avanti. Qui mi limito a ricordarne due tra i più famosi: il secondo movimento dellaSonata BWV 1031di Bach e l'Adagiodel Concerto per pianoforte n.23 K.488 di Mozart. Ma la particolarità del "Largo e spiccato"di Vivaldi è legata anche al fatto che- come altre composizioni vivaldiane - è stato trascritto per organo da Bach, precisamente nel"Concerto in re minore BWV 596". La trascrizione è fedelissima, se si eccettuauna battuta nella qualeundo diesis di Vivaldidiventado naturale.Differenzaminima, certo,tuttavia chiaramente percepibilea 1,25 dall'inizio nella prima clip-audio ea 1,30 nella seconda,perchèBach mantiene nellacompostezzaombrosa del tonominore quello che in Vivaldi era uno sprazzo di luce.
Un pezzo che può suonare triste, e forse lo è davvero, soprattutto in taluni passaggi doveil suo incedere quasi dolenteci riportaun'eco della "Passione secondo Matteo" nella celeberrima aria"Erbarme dich, mein Gott" , anche questa - tra l'altro -scandita in 12/8. E mi piace pensare che, quando Bach l'ha composta, in lui fosse ancora viva la suggestione della musica di Vivalditrascritta anni prima. Tuttaviailritmo pacato del "Largo", nel silenzio del mattino, mi riempie anche di dolcezza e di pace. Ha infatti un'intensità che ci avvolge nel profondo come la nebbia che ancora persiste sui campi e fa bianco il cielo. O come la tranquillità di certi viottoli dall'acciottolato antico che s'inoltrano piano nel verde, verso i mondi di fiaba che custodiamo nel cuore. Buon ascolto!
Piaciuto il branodella scorsa settimana??? Spero proprio di sì perchè oggi, con questo post, mi affido ancora una volta aHaendel,anche seil pezzo che pubblico ha caratteriun po' diversi dal precedente.
Si tratta del secondo movimento, "Andante larghetto e staccato", dal"Concerto in sol minore per organo e orchestra, op.7 n.5 HWV 310". Già dai termini andante e larghetto, si comprende che la composizione si snoda con tranquillità; ma a caratterizzarla è anche quello staccato che suggerisce la presenza di unritmoben netto e scandito. Tuttavia la sua particolarità non finisce qui. E' infatti unchiarissimo esempio di "basso ostinato" ed è proprio tale caratteristicache mi ha spinto a pubblicarlo.Non è la prima volta cheparlo di ostinato, e i lettori più attenti di questo blog ricorderanno che - tempoaddietro- l'ho fatto qui a proposito di un trascinante brano di Holst.
Ma rispolveriamo l'argomento. Di che si tratta? Per definizione, "basso ostinato" è una breve figura musicale, melodica e/o ritmica, che si ripete in continuazione sempre uguale a se stessa, il più delle volte collocata nella voce grave di un brano,appunto il basso.Costituisce infatti il sostegno armonico sul quale si possono fondare poi melodie e variazioni a piacere che talora si articolano in un crescendosempre più complesso. Ne troviamo parecchi esempi soprattutto nel periodo barocco, in forme musicali quali la passacaglia, la ciaccona o comunque certi temi con variazioni, e in compositori come Corelli (a cominciare dalla famosissima "Follia") e poi Bach, Haendel, Scarlatti, Pachebel, Buxtehude, solo per citarne alcuni. Ma per arrivare a tempi più vicini a noi, impossibile non ricordare il "Bolero" di Ravel, ma anche la basedi una danza come il boogie-woogie,fino ad alcuni accompagnamenti di musica jazz e rock.
Certo, in genere, al termine ostinato siamo soliti attribuire un significato negativo, ma non è sempre così. Sappiamo tutti per esperienza che l'ostinazione può essere un difetto che ci rende noiosi, duri e testardi, ma se si traduce in tenacia e perseveranza, si rivela una dote. E con la musica come la mettiamo? Indubbiamente, la ripetitività dei passaggi armonici col loro ritmo sempre uguale rischia dicreare monotonia. Ma se su di essi si possono innestare melodie e variazioni a piacere - anzi ad libitum, come talora usavano scriverecerti compositori, Haendel compreso - allora le cose cambiano! Ce lo dimostrano i protagonisti delle due clip-video di oggiche, dello stesso aspetto che caratterizzail brano,ci offronointeressanti seppurdifferenti sottolineature.
La prima, per organo solo, ha il pregio di farci cogliere con chiarezza il basso ostinato eseguito alla pedaliera. Sulla tastiera poi l'organista sovrappone la melodia e le successive variazioni alle quali i vari registri organistici, insieme alla qualità dell'interpretazione, conferiscono a mio avviso una grande modernità. Più veloce, animata e rigorosissima l'esecuzione di Karl Richter,accompagnato all'organo dall'orchestra d'archi.Sono proprio gli archi, questa volta, a sottolineare ilbasso ostinato con un ruolo preponderante. Una base ben riconoscibile - per chi sa leggere la musica - anche dalla foto in alto, chemostral'inizio del brano proprio nella partitura per archi e organo: i primi due pentagrammi con la parte di violini e viole, mentregli altri trecon l'organo e i bassi. In ogni caso, un giro di note che ci accompagna come un passo regolare, regolarissimo, sul quale Haendel sbriglia la fantasia inanellando variazioni sempre più ricche, ma ancorate ai medesimi passaggi.Procedimento peraltro molto comune all'epocatant'è vero che, nel corso del pezzo, riecheggia tra l'altrola stessa base armonica del"Canone" di Pachebel.
Quale preferisco tra le due versioni?...Devo proprio dirlo? Anche se in passato ho nutrito una passioncella segreta per Richtere il suo sguardo d'acciaio, oggi m'incanta l'interpretazione di questogiovanissimo organista olandese: Gert van Hoef, classe 1994. Nel lento procedere del branoverso il fragoroso finale, insieme al tocco talora morbido e altrove più vigoroso,mi sembra infatti di cogliere in luiuna grande freschezza, unita a un vero e proprio gustoper la musica.
Dopo l'appassionante brano di Piazzolla interpretato dal violino di Mariusz Patyra, torno oggi al barocco come a uno dei miei antichi amori.
Ogni tanto mi capita di riflettere sul perchè io ne sia così prepotentemente affascinata, soprattutto quando si tratta di pezzi per organo. Forsericordi d'infanzia, branisentiti in particolarioccasioni o in momenti fortivissuti durante l'adolescenza, come nel mio primo viaggio a Roma, quando -entrata una sera in Santa Maria in Aracoeli - mi avevano avvolto le note solenni e intense del "Largo" di Haendel. Potrei citare tanti esempi, ma in realtà di tale passione non riesco a darmi una spiegazione esaustiva eresta sempre un quid che mi sfugge. A volte, ho la sensazione che ci siano musiche cheabitanoin noi da sempre, quasi parte di un corredo cromosomico o di una sorta di dna. Ascoltarle significa riconoscerlee riconoscerci, sentirle nostre ritrovandouna magica corrispondenza quasi in esse ci potessimo specchiare. Ma perchè questo accada non so... Proprio come in amore: ci saranno senza dubbio circostanze esterne, dati di carattere e particolari alchimìe a spiegareun' intesa;ma perchè due persone s'innamorinoresta in parteun mistero.
O un po' come la mia passione per certiangoli della Toscana, quasi vi ritrovassi radici che in realtà non ho. Non ci sono parentele, nè storie che mi leghino a determinati luoghi, eppurevi ho sempre avvertito delle corrispondenze d'anima d'indicibile intensità. DalCasentino alla Valle dell'Arno o alla Lucchesia,tutta la regione è ricca di splendore. Ma a prendermi sopra ogni cosa è sempre stata la bellezzadella campagna senese, dalle crete marezzate di ombre alla Val d'Orcia, soprattutto in quel trattodolcissimo tra Pienza, San Quirico eMontalcinofino all'abbazia di Sant'Antimo. Luoghi visti per la prima volta da adolescente e poirivisitati ancora e ancora, nell'incanto delle loro colline disseminate di pievi, di cipressie di casali.Paesaggi in mezzo ai quali l'anima torna a sentirsi a casa, quasi recuperasse antiche suggestioni d'infanziasedimentate nel profondo e mai dimenticate.
E così pure è per il brano di oggi. Si tratta dell'"Allegro" che conclude il"Concerto per organoe orchestra in Fa maggiore op.4 n.4 HWV 292" di Georg Friedrich Haendel (1685 - 1759). Anche in questo caso, mi sono chiesta per quale motivo il pezzo mi susciti tanta passione: in fondo-pur bello- non eguaglia però la gioiosa leggerezza o la grandiosità scintillante di certe pagine del "Messiah". Eppure.... Eppure a prendermi è la sua struttura fugata, col progressivo intreccio delle voci che costruiscono un'architetturacomplessa e al tempo stesso scorrevole. Ma è anche il festoso attacco dell'organo, insieme ai successivi passaggi di tonalità che aprono alla gioiacon la stessaenergia dicerte deliziose sonate in trio di Bach. O forseil ritmo,qua e lànon solo vivace, ma persino un po' sincopato e in taluni passaggi simile all'Allegro - moltopiù famoso - del Concerto HWV 295"The Cuckoo and the Nightgale"che potete risentire qui. O forse ancora la fioritura di notericcadi leggerezzacomegli stucchi doratinella fotodella clip-audio,che raffigura lo splendido organo della Wieskirche, capolavoro dell'architettura bavarese del Settecento. Forse tutti questi fattori insieme, più un magma segreto d'indecifrabiliemozioni: quell'imprinting che portiamo in noi da sempre, come se una musicaci fosse stata donata all'atto del concepimento e l'ascolto del brano la facesse in parte riaffiorare riportandoalla luce anche noi stessi.
Esistono musiche capaci di conquistarci al primo ascolto: a volte per lo splendore dellamelodia, altre per ilritmo,per l'accompagnamento orchestrale o per la particolare bravura delsolista. Talora per tutte queste cose insieme.
E'il caso del brano che vi propongo oggi e che mi ha preso subito conprofonda passione, nonostante appartenga a un genere col quale non ho mai avuto particolare familiarità. Un tango, come potete arguire dalla foto, ma scritto da unmago della musica:Astor Piazzolla (1921 - 1992). Del compositore argentinoavevo pubblicato parecchio tempo fa"Fuga y Misterio", splendido pezzodal ritmo acceso etrascinanteche - se volete - potete riascoltarequi.Poi, però, non mi ero soffermata più di tanto su questo genere musicaleed ero passata via. Ritornooggi a Piazzolla con "Invierno porteno", tratto da "Las Cuatro Estaciones Portenas": composizioni di tango sulle quattro stagioni della città di porto di Buenos Aires,inizialmenteconcepite come
brani a sè stanti e, a seguito poi divari arrangiamenti, riunite in un'unica suite. E' un tema di lunga tradizione quello delle stagioni, coniugato informe diverse, con precedenti più che famosi a iniziaredai celebri concerti di Vivaldi, per proseguire conl'oratorio di Haydn, i pezzi per pianoforte di Tchaikovsky sui singoli mesi, fino al tango del musicista argentino. Tuttavia, di questo tema Piazzolla nonsviluppa gli aspetti più tipicamente descrittivi legati al mondo dellanatura, macoglieil respirodi Buenos Aires nei diversi momenti dell'annoattraverso la danza,ora lenta e struggente, ora vivace e briosa. Una musica, la sua, sempreappassionata e ricca di contrasti chealternano l'accattivante scatto ritmico del tango ad unromanticismo sensuale e intriso di malinconia, com'è evidente proprio da "Invierno porteno",rielaborato nel tempo per differenti organici a cominciare dalla presente versione per orchestra d'archi. Si tratta di un arrangiamento nel quale riecheggiano"Le quattro stagioni" di Vivaldi, facilmente riconoscibilia2,30dall'inizioin alcuni vibranti accordi del terzo movimento dell'Estate.Ma ancheil breve pizzicato finaleci riporta al Largo dell' Inverno, intrecciato airasserenanti passaggi del Canone di Pachebel che concludonoil branosciogliendone tutta la tensione in dolcezza. Insomma, una meraviglia assoluta!!! Pregevolissimo interpreteil violinista polacco Mariusz Patyra chei lettori di questo blog forse ricordano quale mirabile solistanel "Concerto per violino"di Giovanni Allevi, di cui potete riascoltare quii primi due tempi: "Mosso"e"Adagio". La sua esecuzione di "Invierno porteno" ci consente di cogliere tutta la malinconia insieme alla struggente intensità del brano di Piazzolla, ma anche i passaggi in cui la musica si fa improvvisamente nervosa e scattante. Un suono versatile il suo, chepassacon facilità dal registrolanguidodei lunghi glissati del violino, ad un altropiù vivace, talora graffiante e altrove più giocoso. Un solistache è una cosa sola col proprio strumento, come certo accade per tanti altri interpreti. Tuttavia, da luila musica sembra nascerecon particolare fluidità e scorrere nitida, senza sforzo alcuno, ora dolce e pacatissima, oragrintosa e accattivante. Ad affascinarmi è proprio questa sua naturalezzainsieme a una passione tutta interiore e - almeno così a me pare -tanto più comunicativa e toccantequanto più è sobria nel gesto. Passione e rigoreintrecciati anche nell'ombra di sorrisocon cuiPatyradialoga col violoncello e nel lampo di gioia che - a tratti,come fuoco nascosto -affiora dal suosguardo. Buona visione e buon ascolto!